Rudolf Steiner, nato in Austria nel 1861, fondatore dell’Antroposofia da lui stesso definita: “Una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo”, fu tra i più grandi conoscitori e rivelatori dello Spirito. Scrisse oltre 30 opere di carattere filosofico e antroposofico e tenne in vita oltre 6.000 conferenze sui diversi rami del sapere. Gli impulsi da lui dati nell’arte, nella scienza, nella medicina, nella pedagogia e nell’agricoltura portarono a movimenti oggi sempre più diffusi nel mondo.
Proprio al campo dell’arte Steiner dedicò molto del suo tempo. Riguardo il colore prendendo come base la Teoria del Colore di Goethe disse: “Certo, non mi viene in mente di voler sostenere tutti i particolari della teoria goethiana dei colori. Quello che vorrei fosse osservato è soltanto il principio. E nemmeno quello può essere qui mio compito dedurre dal suo principio fenomeni della teoria dei colori ancora sconosciuti al tempo di Goethe. Se un giorno io dovessi avere la fortuna di possedere mezzi e tempo libero per scrivere una teoria dei colori in senso goethiano del tutto all’altezza dei moderni risultati della scienza, solo allora si potrebbe assolvere un simile compito. Io considererei questo come uno dei più bei compiti della mia vita”.
Rudolf Steiner non poté mai scrivere una simile teoria, prima perché mancarono i mezzi, più tardi mancò il tempo necessario. Riuscì però, attraverso le sue conferenze e negli schizzi a colori, elevandosi forse anche, in un certo senso, molto al di sopra di quella teoria che lui stesso aveva ipotizzata, dando notizie ed informazioni utili ad elaborare una teoria del colore totalmente nuova. Nel 1921 cedette alla preghiera di diversi pittori di dare ulteriori informazioni sul colore. Tenne così a Dornach, il 6,7 e 8 maggio 1921 tre conferenze sul colore che aprirono al mondo intero l’intimo segreto sentimento che il colore, per sua stessa natura, celava all’interno di sé stesso.
Steiner iniziò la prima conferenza con un esempio. Disegnò sulla lavagna tre rettangoli dello stesso verde inserendo in essi dei punti colore differenti. Nel primo disegnò dei pallini rossi, nel secondo pallini fior di pesco, nel terzo pallini blu. A chi lo ascoltava pregò di usare l’immaginazione dicendo che quei rettangoli verdi erano dei prati e i pallini colorati delle persone. Iniziò allora ad elaborare il sentimento che quelle coppie di colori emanavano. Cominciò con il prato con sopra gli omini rossi e fece notare come quegli omini, a causa del loro stesso colore non riuscivano a stare fermi. Lui cercava, disegnandoli, di fissarli, di farli sedere, ma loro non ne volevano sapere, continuavano a muoversi e a rincorrersi. Lo stesso verde, causa il loro movimento, diventava più vivido e luminoso. Steiner ne dedusse che sarebbe stato impossibile dipingere uomini vestiti di rosso seduti su un prato, perché proprio a causa del loro colore, il rosso, non potevano assolutamente restare fermi e che la loro unione cromatica con il verde produceva un continuo divenire. Passò poi al prato con gli omini colorati fior di pesco e notò che qui le cose erano totalmente diverse. Il fior di pesco portava tranquillità nel verde prato e sembrava quasi che questi omini, rimanevano lì, seduti tranquillamente, forse a colloquiare tra loro, leggere un libro o semplicemente a rilassarsi. In questo caso l’atmosfera era di assoluta calma e questi omini non interagivano assolutamente con il prato tanto da rimanerne, quasi indifferenti. Lo stesso verde rimane indifferente al fior di pesco, non ne subisce alterazioni e rimane con la stessa intensità con il quale è stato disegnato senza aggiunta di altri colori. Steiner concluse dicendo che, se proprio si volessero dipingere degli uomini seduti sul prato, il colore con il quale si sarebbero potuti dipingere sarebbe stato senz’altro il fior di pesco. Alla fine Steiner passò all’ultimo esempio, quello del prato con gli omini dipinti d’azzurro. Qui l’energia che sorge dall’accoppiamento dell’azzurro con il verde porta a dei risultati completamente differenti rispetto ai precedenti due esempi. Fece notare che questi omini azzurri in mezzo al prato non avevano proprio capacità di esistere. L’azzurro che portavano, di fronte al verde si spegneva, diventava privo di significato, tanto da poter immaginare che questi omini non potevano stare né seduti, né in piedi, né in movimento. Per loro stessa natura risultavano essere innaturali nel verde, non portavano nulla di nuovo ed il verde stesso moriva di fronte all’incedere dell’azzurro. Il verde perdeva, di fronte all’azzurro, il suo stesso essere verde, venendo risucchiato dalla tonalità azzurra, mentre l’azzurro nel verde non aveva nessuna possibilità di crescere o di donare al mondo alcunché.
In questi tre semplici esempi Steiner usò le coppie di colore Verde-Rosso, Verde-Fior di Pesco e Verde-Azzurro prese in considerazione da Goethe nella sua teoria del colore. La coppia Verde-Rosso da Goethe era definita “armonica”; questi colori nel cerchio cromatico che stavano agli opposti, uno di fronte all’altro, venivano anche definiti “complementari”. La coppia Verde-Fior di Pesco veniva definita da Goethe “caratteristica”, mentre la terza, Verde-Azzurro “priva di significato”.
Steiner aggiunse che queste coppie colori portavano l’uomo a dover osservare il colore attraverso il sentimento, e che esse stesse portavano un sentimento al mondo.
Aggiunse: “Vedete, questa è un’esperienza di colore. È necessario poter avere una simile esperienza, altrimenti non si potrà ricavare nulla da quello che è il mondo dei colori in generale. Se si vuole imparare a conoscere ciò che con la sua più bella e importante applicazione si sperimenta nella fantasia, si deve essere in grado, vorrei dire, di avere esperienze proprio nel regno della fantasia”.