Per poter comprendere quello che Rudolf Steiner ha enunciato nella sua Teoria sul colore dobbiamo necessariamente approcciare alla teoria dei colori di Goethe, dalla quale Steiner si è ispirato come punto di partenza, di quella che definisco, la teoria del Colore più vicina alla realtà soprasensibile.
Goethe, opponendosi con forza alla teoria cromatica di Newton (che studiava i colori partendo solo dalla luce, da cui derivano per scomposizione), rivendicava la centralità dei sensi dell’uomo nell’apprendimento della natura. Egli si occupa dei colori da vicino: in natura, nelle tinture artificiali e come sia possibile combinarli o modificare la loro intensità, come compaiono e come vengono percepiti dall’occhio umano.
In questo capitolo non prenderemo visione completa della Teoria di Goethe, ma approcceremo ad essa quasi esclusivamente attraverso il capitolo “Azione sensibile-morale dei colori”. A differenza di Newton che studiava i colori partendo solo dalla luce, Goethe introdusse un nuovo concetto: studiare i colori partendo da due poli opposti, colori che si manifestano attraverso la luce e colori che si manifestano attraverso l’oscurità. Alla luce e all’oscurità Goethe accomuna al primo, il giallo e al secondo, l’azzurro. Il giallo per Goethe è il colore che più si avvicina alla luce. Il giallo si forma quando la luce si irradia in un elemento torbido. Più l’elemento è torbido più i colori diventeranno scuri e la luce si trasformerà da gialla ad arancione ed infine rossa.
Il blu, invece, è il colore che più si avvicina alle tenebre. Qui il concetto di creazione del colore è diverso. Dobbiamo, per Goethe, fare in modo che la luce possa far risplendere l’oscurità attraverso un mezzo torbido ed ecco che la manifestazione dell’oscurità ai nostri occhi sarà la visione del blu. L’esempio classico è quello del cielo. La luce fa risplendere un mezzo torbido, l’aria, ed ecco che il nero del cielo si trasforma in azzurro. In base a questo concetto di creazione del colore, Goethe introdusse anche il concetto di polarità del colore assegnando un “più” al giallo e un “meno” all’azzurro dandone i seguenti significati. Il giallo “più” veniva definito: azione, luce, chiaro, forza, caldo, vicinanza, respingere, affinità con gli acidi. All’azzurro “meno”: privazione, ombra, scuro, debolezza, freddo, lontananza, attrarre, affinità con gli alcali.
Goethe verificò la sua teoria attraverso alcuni esperimenti con un prisma. Mise su un fondo nero una striscia di carta bianca. Il punto di contatto del bianco con il nero, visto con un prisma, da una parte appariva giallo che tendeva al rosso e dall’altro azzurro che tendeva al viola. Allontanando il prisma fino a far congiungere i due bordi colorati si formò il verde.
Poi mise su un fondo bianco una striscia nera ed osservò che nel punto d’unione del bianco e del nero si formavano, da una parte il rosso che tendeva al giallo e dall’altra il violetto che tendeva all’azzurro. Allontanando il prisma al congiungimento dei colori si formò il porpora. allontanando ancora il prisma il porpora si trasformò in Fior di Pesco.
Per poter rendere visibili i suoi risultati agli occhi di tutti, Goethe ordinò tutti i colori in un cerchio cromatico nel seguente ordine: in alto mise il porpora e in senso orario aggiunse il violetto, il blu, il verde, il giallo e l’arancio.
Con questo cerchio egli sviluppò la sua teoria sull’armonia.
Diede la definizione di “armonici” a quelle coppie di colore che stavano agli opposti, uno di fronte all’altro. Queste coppie sono il Porpora-Verde, il Violetto-Giallo e il Blu-Arancio. Questi colori sono anche definiti complementari.
Altre coppie sono il Porpora-Blu, il Violetto-Verde, il Blu-Giallo, il Verde-Arancio il Giallo-Porpora e l’Arancio-Violetto. A queste coppie diede il nome di “caratteristiche”. Alle tre coppie principali Goethe diede dei significati. Il Giallo-Blu esprime il contrasto tra luce e ombra, il Giallo-Arancio esprime serenità e splendore, l’Arancio-blu la polarità tra attivo e passivo.
Le coppie di colori adiacenti nel cerchio vennero definite “prive di carattere” perché non hanno l’elemento del divenire, non progrediscono, non creano nulla.