Parlando del Tempio di Yesod mi sembra abbastanza attinente condurre un parallelismo con la figura della Papessa. Premetto, a scanso di equivoci, che questa nota, né la pagina fan che la ospita, intendono assolutamente discutere di cartomanzia, pratica che assolutamente non rientra nel nostro interesse o sfera d’azione, piuttosto narrare una “favola bella”.
Astrologicamente la Papessa corrisponde alla Luna. Contrariamente al Bagatto, in perenne movimento, la Papessa è seduta, immobile, calma, silenziosa, impenetrabile. E’ la Sacerdotessa del mistero, Iside, la Dea della notte profonda, che lo spirito umano non potrebbe penetrare senza il suo aiuto, se non nel SILENZIO.
Con la mano destra tiene socchiuso il Libro dei Segreti, che nessuno potrebbe mai scoprire se la Papessa non gli affidasse le Chiavi che tiene nella mano destra. Di queste due chiavi che aprono “l’interno delle cose”, una è d’Oro ed è connessa al Sole; quindi rappresenta il Verbo, la Ragione. L’altra chiave è d’Argento ed è connessa alla Luna; quindi rappresenta l’immaginazione, la lucidità intuitiva.
Ciò significa che bisogna unire la logica all’immaginazione, se si aspira a conoscere ciò che è nascosto, se giunti innanzi ai segreti li si vuol svelare al proprio Io.
Il richiamo a Yesod, appare – allora – evidentissimo nella misura in cui questo termine viene comunemente tradotto come “fondamento” (del resto abbiamo appena ricordato che la Papessa è calma, ponderata, “immutabile”), non escludendone le varie accezioni legate alle idee di segretezza.
Il luogo di Yesod è nel SILENZIO, ovvero è lo schema nascosto a cui aderisce la “materia vibrante” per mezzo di una matrice energetica esplicantesi a metà strada tra mente e materia medesima.
Simbolicamente questa matrice viene rappresentata nella sua essenza fluida, trasparente, impalpabile, scorrevole, inafferrafile, appunto a metà strada tra il solido dato dalla materia ed il gassoso dato dalla mente, condividendone in modo armonioso le due nature. Comprendere questa natura fluida, frequentemente c.d. astrale, costituisce il primo passo nel percorso dell’Io verso l’Universo.
Yesod, cui per leggende ataviche sovrintende l’Arcangelo Gabriel, è al contempo il regno della Luna, simboleggiata con i suoi tre volti della mezzaluna crescente, della luna piena e della mezzaluna calante. La Luna assorbe la Luce del Sole (mente- Metatron) e riflette poi sulla Terra (materia- Malkuth), ma in questo interscambio la Luna ha una precipua funzione metabolica, oserei dire, fisiologica: percependo la luce del Sole, la cambia, modificandola, prima di giungere alla Terra. La Luna, Yesod, la Papessa, conoscono la Verità, la Luce del Logos e sanno discernere il grado e la profondità di essa da far fluire alla Terra. Yesod conosce l’Arte della Verità ed i suoi segreti e come la Papessa, maestra eccelsa di quest’Arte, ne sa modificare i componenti, mai usandoli strumentalmente, ma sempre fedelmente.
La qualità filtrante della Luna, di Yesod, fa sì che la sua caratteristica sia quella del “riflettere” così che come in Malkuth i quattro elementi si moltiplicano (per mezzo di Yesod?) tra loro fino a giungere a 16 sottoelementi (non a caso Giordano Bruno parla di una Stella a 16 punte), in Yesod i tre volti lunari moltiplicandosi tra loro giungono a 9.
Yesod, come la Luna, ci appare come un (il) crocevia ove le porte si spalancano solo se si usiamo insieme ragione ed emozione.Mai indugiare sull’uscio, o si varca o si chiude. Così come solo ragionando si producono sterili pensieri, così solo agendo emotivamente si otterrà un’esperienza assolutamente incompleta spesso foriera di inutile dispersione di energie, dunque dannosa.
Col Tempio di Yesod, espressione metaforica della prima Meditazione, quella su cui si fonda l’Io sono, che porta alla sintesi subime l’aspetto emotivo e quello razionale, l’Io riconoscendo e riflettendo se stesso nei nove specchi posti ai lati di questo ipotetico Tempio, raggiunge il Trono dell’armoniosa completezza (non a caso rappresentato da un quadrato, l’unione dei quattro elementi di Malkuth).
Lo Specchio, dunque, rappresenta la natura riflettente della Luna attraverso cui la fluidità di Yesod perviene a maturazione, trasformando quell’energia iniziale astrale in energia consapevole, in Visione, pronta a divenire Intelletto che crea.
Ad un Io ben sveglio, mai deve sfuggire che imprescindibile perchè la funzione dello specchio sia assolta è che la materialità di Malkut e la fluidità di Yesod (insomma che il Sole e la Luna) giungano ad Unione, realizzando una piena consapevolezza, ossia quella che l’Intelletto che vive, appena intuito, finalmente è in procinto di creare. Per quanto detto, è facile dunque rintracciare nel simbolismo della Papessa e di Yesod quel quid che applica (e risale facendosi “canale”) il discernimento della realtà, diciamo così, nascosto dietro il “velo” delle apparenze sensibili.
Pensiamo al Tempio di Salomone, dove si innalzano le due colonne Jakin e Boaz, tra le quali troneggia la Papessa, davanti ad un “velo” che nasconde l’ingresso del Santuario (meraviglioso a tal proposito il pensiero di Filoteo, il Nolano, che sembra ben conoscere i misteri del “velo”: “E’ in alto posto di Diana in Chio il volto Che triste pare a chi nel tempio entra, Ilare a chi ne esce. Anche la lettera di Pitagora, eseguita con tratto bicorne,a chi truce aspetto del destro sentiero mostra, un’ottima fine concede.Delle ombre che dalle profonde tenebre emersero,infine saran graditi, ora più aspri,e volto e lettera”)
Una delle due colonne è rossa, l’altra azzurra. La prima corrisponde al Fuoco; è l’ardore vitale divorante, l’attività maschile, lo zolfo degli alchimisti (ma Giordano Bruno sta ovunque?), insomma il Drago dell’Opera di Angelo; significa solidità. La seconda corrisponde all’Aria, ed è il Soffio che alimenta la vita, la sensibilità femminile, il Mercurio dei saggi, ovvero il Colibrì del medesimo quadro; significa sicurezza.
Tutta la Creazione proviene da questo dualismo; Padre e Madre, Creatore e Creazione, Dio e Natura, Iside ed Osiride.
La facciata del Tempio è tenuta nascosta da un velo: la cortina che bisogna sollevare per poter entrare nel sacro recinto, lo schermo sul quale si proiettano le immagini viventi del pensiero (per chi non avesse letto il De Umbris Idearum…). Queste immagini affascinano il visionario, che ama leggere nella luce astrale, seguendo l’esempio delle pitonesse.
Ma questa luce è ingannevole, è paragonabile alla nebbia fosforescente che illuminerebbe l’immaginazione dei soggetti lucidi; porta però solo a vedere l’immagine esterna degli oggetti, senza penetrarne il profondo significato, l’idea originaria. Il vero iniziato non si ferma davanti a questo; per lui sono distrazioni che non lo interessano affatto ed egli vuole andare oltre le apparenze esteriori. Quindi, se egli se ne dimostrerà degno, la Papessa solleverà per lui il secondo velo ed egli potrà leggere nel suo viso e nel suo sguardo. Il vero iniziato non sarà schiavo dei miraggi, poiché possiederà il segreto delle cose, dato che egli si sarà esercitato ad Immaginare nel modo giusto.
Infatti l’insegnamento della Papessa si basa sull’Immaginazione, come mostra la falce di luna che sovrasta la sua tiara. La Papessa è vestita di azzurro, il colore della spiritualità pura, e lei, infatti, la trasmette all’iniziato (come fa Yesod che sintetizza la luce del Sole per rimandarla alla Terra) facendogli comprendere quanto questa dote sia importante per la sua crescita spirituale e per il raggiungimento dei veri “tesori”.
E’ avvolta in un ampio manto di porpora dai grandi bordi d’oro e dalla fodera verde. Quest’ultimo è il colore della vitalità posseduta interiormente dalle Idee (Filoteo, Filoteo…) che traducono per noi le verità trascendenti.
La Papessa rappresenta il subconscio, l’intuizione, il principio femminile per eccellenza. Lei insegna all’iniziato l’Intuizione che gli permette di comprendere le situazioni e le persone in modo istintivo, riuscendo sempre a sapere come comportarsi correttamente.
Nella Cabala alla Papessa non a caso è associata la seconda Sephira, la Saggezza. Essa corrisponde al Pensiero creatore emanazione immediata del Padre, il suo primogenito, il Figlio, il Verbo, il Logos o la Suprema ragione, tale perchè filtrata attraverso Yesod.
Dal punto di vista divinatorio questa Lama rappresenta il Giudizio, la volontà che ritiene o governa la vita donata. Essa è la Coscienza, il dovere, la legge morale, la scienza religiosa, la metafisica, la Cabala, l’insegnamento. E’ il sapere contrapposto al dovere, l’autorità, la certezza, la sicurezza, l’assenza di dubbio, l’influenza suggestiva esercitata sul sentimento e sul pensiero altrui. Significa affabilità, benevolenza, bontà e generosità.L’iniziato, come novello Adamo, dopo aver preso coscienza di sé si ritrova in un giardino ampio e pieno di luce; il Giardino dell’Anima. La Papessa è sul sentiero cosparso di petali dai mille colori, con i piedi nudi che sfiorano appena il terreno. Ogni petalo rappresenta una virtù diversa, una capacità. Ma ella vede anche molte rocce e asperità sul terreno: sono le piccole meschinità, le chiusure, le invidie, tutto ciò che ci allontana dalla luce, che ella svela nel Silenzio, con l’Arte che le è propria, quella della Verità, di cui conosce ogni segreto.
L’abito rosso le scende fino alla caviglia, il velo azzurro che porta sul capo parla del livello spirituale da lei raggiunto.Il suo sguardo è alto davanti a sé, retto e fermo. Sopra di lei splende un cielo di un blu intenso punteggiato da stelle e in esse ella vi legge i segreti dello zodiaco, il suo e il nostro destino, i suoi e i nostri obiettivi.
Ella conosce i valori morali (che si badi non coincidono con quelli esclusivamente terreni o umani) e sa di doverli trasmettere e divulgare in modo da renderli comprensibili, conosciuti ed applicati da tutti. Questa grande e saggia maestra possiede anche la dolcezza della femminilità, ma sa anche che il suo essere donna porta in sé la necessità di essere pronta a qualsiasi sacrificio, a qualsiasi rinuncia: per un beneficio altrove, è giusto sacrificare nel qui e nell’adesso.
La sua missione nel mondo è educare all’Amore, far comprendere agli umani che solo attraverso l’amore si diventa “persone” complete.
Se porgete l’orecchio con un po’ di attenzione forse riuscirete ad ascoltare le sue grida:
“Svegliatevi! Guardatevi intorno! Nel giardino della vita le possibilità sono tante. Ci sono mille piantine da accudire, seminare, far crescere con amore, mille fiori da amare e proteggere. Svegliate l’uomo che è in voi!”
La donna guarda il giovane iniziato davanti a lei e gli sorride:
“Ricorda- ella dice- ogni idea che non diventa per te un ideale uccide una forza della tua anima. Tu hai bisogno di nuove forze vitali di cui nutrirti, delle quali diventare parte. Costruisci per te un grande Ideale, perché una grande meta da raggiungere è il modo migliore per crescere veramente.”
La Papessa chiama e risveglia l’Uomo Nuovo che ancora dorme, per condurlo nel giardino e mostrargli tutte le meraviglie in esso racchiuse, perché egli capisca che mille fiori possono crescere sul suo cammino se egli lo vuole. E l’Uomo nuovo, l’iniziato, si sveglia e si fa rapire dalla Papessa. Egli va verso di lei senza paura, perché sa che ogni suo gesto è un atto d’amore ed ogni suo messaggio, ogni suo insegnamento non potrà che essere estremamente positivo.
Attraverso di lei il giovane iniziato impara a vedere al di là degli avvenimenti stessi della sua vita; entra nell’Anima delle cose, acquistando quindi una maggiore capacità di ascolto nei confronti degli altri. Diventa un poco più maturo, più saggio e, tutt’uno con la Papessa, egli comprenderà la vera spiritualità, la forza della fede; la capacità di smuovere le montagne.
Forte di tutto questo, sarà in grado di proseguire sul suo cammino, più sicuro e spedito. Ora comprende pienamente di essere sulla strada giusta!
Una nuova dimensione si apre davanti ai suoi occhi, la dimensione dello Spirito. Egli adesso è cosciente della propria anima, del proprio spirito, della “giusta dimensione”. Ciò che prima non lo era, adesso è diventato di importanza primaria: il nutrimento del proprio corpo spirituale.
Ora il giovane comprende che non è l’involucro esteriore ad essere importante, ma la sua Sostanza interiore. Morirà il corpo fisico, ma non l’Anima che, con la morte, darà vita a qualcosa di nuovo.
In conclusione, mi piace a questo punto far notare come ben la figura della Papessa, prima iniziata ai misteri di Yesod e della Luna, sia molto vicina ad un donna realmente esistita di cui già precedentemente feci una nota su questa pagina: Ypathia d’Alessandria.
Varrà la pena ricordarla per comprendere come sia obiettivamente possibile riassumere umanamente ad alti livelli gli insegnamenti del Tempio di Yesod.
Oltre che per il Concilio di Efeso del 431, si rammenta che Cirillo è però passato alla storia per un altro evento, che si colloca sempre ad Alessandria ma 16 anni prima e che ha per protagonista e vittima sacrificale un’ellena passata alla storia per le sue eccelse doti di eloquenza e intelligenza, nonché per la sua bellezza e la sua dignitosa autonomia da qualsiasi legame potesse offuscarne le scelte: la filosofa, matematica e astronoma Ipazia (Ypathia), figlia dello scienziato Teone, che prima affiancò il padre e poi gli succedette alla cattedra alessandrina, dove insegnò per oltre un ventennio, senza mai sposarsi.
In verità questa scuola – come ci ricorda la storica della scienza Margaret Alic – “si poneva in netto contrasto con quella di Atene, che enfatizzava l’aspetto mistico e occulto, ma per i cristiani tutti i platonici”, com’erano appunto Teone e la figlia, “erano eretici pericolosi”…
“È la regina di Alessandria! Di intelletto è Pallade, di maestà Giunone, di bellezza Afrodite”
(da Ipazia del sacerdote anglicano Charles Kingsley, Sonzogno, 1937, p. 85-86)
Dea tutelare di Alessandria era Iside (non a caso il mito lunare ritorna a sottofondo dei parallelismi) nella sua forma di Iside Pharia, così chiamata in relazione al faro della città, un’altra delle Sette Meraviglie del mondo antico. Dopo la morte di Alessandro Magno a Babilonia il suo generale Tolomeo, ereditato il regno egizio e incoronato faraone nel 305 a.C. con il nome di Sotèr, “Salvatore”, cercò di realizzare il sogno del grande macedone: far diventare Alessandria – la città fondata da Alessandro, dal quale aveva assunto il nome – un luogo in cui far confluire tutte le conoscenze. In città nacquero così il Museo (un istituto accademico di ricerca scientifica) e la celebre Biblioteca.Ma all’epoca di Cirillo la situazione era cambiata per scienziati e ricercatori: il Cristianesimo stava infatti ammorbando la cultura ellenica con il suo oscurantismo, che vedeva nella matematica e nella scienza pericolose potenzialità d’eresia. E il nostro vescovo, naturalmente, era in prima linea nella battaglia contro l’intellighenzia cittadina, nella quale, appunto, rifulgeva la sapiente Ipazia. Autrice di opere scientifiche, divulgatrice appassionata a tal punto da insegnare in strada a chiunque volesse ascoltarla, Ipazia inventò anche diversi congegni tecnologici – fra cui un astrolabio – e come il padre aderì al Neoplatonismo, una linea filosofica sorta proprio ad Alessandria nel III secolo con Ammonio Sacca. Per la sua purezza intellettuale e la sua lucidità di giudizio Ipazia fu grandemente stimata dai contemporanei elleni, tanto che i politici si rivolgevano a lei per cercar consiglio e Pallada, poeta politicamente impegnato, la elogiò così in un suo epigramma:
Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto,
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura.
Il riferimento alla Vergine è evidentemente connesso al mito della Vergine Dike, il cui simbolo è una spiga e il ritorno della quale in Terra equivarrebbe al rifiorire di un’Età dell’Oro (con l’avvento dell’Uomo Nuovo). L’accenno assume rilevanza se si osserva che nel 413 la principessa Pulcheria, tutrice del più giovane fratello Teodosio II e sostenitrice di Cirillo, fece voto pubblico di verginità, stringendo rapporti sempre più forti con gli episcopi e gli oppositori degli elleni. La Chiesa, commenta Gemma Beretta, autrice di un fondamentale saggio su Ipazia, non si oppose alla politica di Pulcheria: infatti “in quegli anni i vescovi d’Oriente – io credo sollecitati a questo anche dall’attenzione fortissima attirata da Ipazia sul simbolo della Vergine – stavano mettendo a punto il simbolo della Vergine Madre di Dio”. La saggezza, la scelta di verginità e l’autorevolezza d’Ipazia fecero sì che la sua figura venisse dunque accostata a quella della Vergine Dike nell’ambito della resistenza pagana al Cristianesimo, come appunto si legge nei versi di Pallada. E Dike è citata almeno un paio di volte negli scritti di Sinesio, discepolo d’Ipazia, il quale anche dopo essere diventato cristiano, e addirittura vescovo di Tolemaide, in una lettera scritta poco prima di morire chiamava ancora la filosofa “madre, sorella e maestra, mia benefattrice in tutto e per tutto, essere e nome quant’altri mai onorato”.
Il conflitto che venne a crearsi tra il potere emergente del Cristianesimo e la cultura pagana ellenica di cui Ipazia era la più prestigiosa esponente del tempo (“peccatrice” anche perché donna in quanto si sa da Paolo che le donne potevano solo ascoltare ma non insegnare) s’inasprì a tal punto che i fondamentalisti cristiani trucidarono la pensatrice aggredendola in strada nel marzo del 415.
Secondo la Storia ecclesiastica del cristiano Socrate Scolastico, scritta una ventina d’anni dopo l’omicidio, il loro furioso odio sarebbe stato scatenato dalla convinzione che Ipazia, in virtù della sua influenza su Oreste, impedisse al prefetto di trovare una via di conciliazione con Cirillo. Lo Scolastico descrive così il feroce assassinio: “certi sgherri temerari e violenti, alla cui guida era Pietro, un lettore di quella Chiesa, aspettarono la donna che tornava a casa […] e la tiraron fuori dal carro trascinandola in una chiesa chiamata Cesarion: le strapparono le vesti di dosso; sfregiarono la sua pelle e lacerarono le carni del suo corpo con affilate conchiglie, fintanto che non esalò l’ultimo respiro; squartarono il suo corpo e ne portarono le parti in un luogo detto Cinarion dove le ridussero in cenere”. Oreste sollecitò un’inchiesta a Roma, che però venne rimandata e poi archiviata “per mancanza di testimoni”; e Cirillo “arrivò a dichiarare che Ipazia era viva e viveva ad Atene”!
Il neoplatonico ateniese Damascio (480-550) nella sua Vita Isidori andò oltre, accusando Cirillo di essere stato il mandante del massacro d’Ipazia poiché l’avrebbe considerata il vero capo carismatico della città, data l’ammirazione di cui questa sagace erudita godeva sia fra il popolo sia fra i potenti. Si sarebbe quindi trattato di un conflitto non tanto religioso quanto di autorità.
L’efferato episodio, che costituisce un evento altamente simbolico nel fatale transito dal pur patriarcale paganesimo, ma avido di scienza e sapienza, all’ottusità della fede in un Dio unico cloaca dei dolori del mondo, subì poi una rivisitazione sfacciatamente mistificatoria da parte di Giovanni vescovo di Nikiu nel seguente brano della sua Cronaca che non richiede commenti.
“In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici. Il governatore della città l’onorò esageratamente perché lei l’aveva sedotto con le sue arti magiche” e “cessò di frequentare la chiesa com’era stato”, invece, “suo costume. […] E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua”. Un giorno “una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si mise alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città e il prefetto con i suoi incantesimi. […] la trovarono seduta su un’alta sedia. Dopo averla fatta scendere la portarono nella grande chiesa detta Cesarion. […] Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché morì. E la portarono in un luogo detto Cinarion e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono ‘il nuovo Teofilo’ perché aveva distrutto gli ultimi resti dell’idolatria nella città”. Amen!!!
Ipazia è morta? NO!! Eterna vita a Ipazia! Ogni creatura che mirabilmente percorrerà Yesod come una Papessa, sarà Ypathia.