IL COLORE COME FUNZIONE MAGICA
Nelle diverse civiltà l’insieme dei colori ha sempre avuto un’attrazione particolare, visto come fenomeno legato al possesso di poteri magici…l’arcobaleno ad esempio rappresentava il ponte che legava la sfera spirituale del mondo, l’alto, e quella materiale, il basso; esempi ne sono la Dea Iris e la Genesi (dove l’arcobaleno costituisce l’emblema del patto tra Dio e gli uomini stabilito alla fine del Diluvio).
Sulla terra la corrispondenza di tale luminosità era custodita nelle pietre preziose, che quindi erano viste ed utilizzate come cariche di poteri. L’uso esoterico dei colori, che avevano funzione decorativa, simbolica e magica, in Mesopotamia si esplicava nello Ziqqurat, tempio dedicato alla divinità, a base quadrata, nel quale ogni piano era di colore diverso e dedicato ad un pianeta differente, i quattro angoli dell’edificio erano orientati verso i punti cardinali (visione degli astri come determinazione del destino).
In Egitto il colore rappresentava l’essenza stessa delle cose; il sacerdote era il sommo conoscitore di magia, medicina e conoscenza del sacro; la scrittura geroglifica era in inchiostro nero per valenze positive, in rosso per quelle negative.
In Palestina erano assai utilizzati gli amuleti, i quali avevano incisi lettere e simboli in oro o argento; il ‘Pettorale del Giudizio’ ad esempio era costellato di 12 pietre in un ordine ben stabilito (4 per 3) e rappresentavano le costellazioni, i mesi dell’anno e le 12 tribù palestinesi.
In Grecia, con una visione più razionale, la ‘divinazione’ constava nell’interpretazione dei segni, sia esteriori che interiori dei fenomeni e degli esseri viventi; in modo simile in Etruria le arti magiche e divinatorie venivano considerate al pari di una vera e propria scienza (venivano ad esempio analizzati colore e consistenza delle viscere).
Le tinte analizzate sono state: nero, bianco, blu-azzurro, verde, giallo-oro, rosso; in tale sequenza, emersa dalle teorie dell’origine del cosmo (soprattutto dalla Genesi). L’ampia documentazione trattata nel libro mette in luce con chiarezza il fatto che ogni colore porti in sè un significato ed il suo complementare.
IL NERO
La preparazione di tale tinta si conosce sin dal Mesolitico, sia essa da sostanze naturali o minerali varie; tra le più conosciute citiamo l'”atramentum”(dalla fuliggine di resina) e l'”elephantinum”(dalla combustione di avorio). Il fatto che denoti senso di oscurità in generale è supportato dalle origini del termine: dal latino, ‘ater’ come nero in senso fisico, assenza di luce e colore; ‘niger’ come nero brillante.
· Il nero colore e simbolo del principio
Per tutti i popoli l’immagine della Genesi è sempre stata associata a quella di ‘Caos’, senza luce, solo vuoto e tenebre; di conseguenza il nero è stato definito come colore della sintesi universale, dell’assenza e della presenza di ogni cosa, del mistero e dell’ignoto…(visione e teoria dell’Uovo Cosmico: massa concentrata di potenzialità di creazione)…”nero come colore matrice, utero gestazionale da cui nacquero o mondi”(e qui abbiamo numerosi esempi di racconti mitologici dove grotte e nascondigli sono luoghi in cui si comunica con gli dèi).
· Il nero simbolo di fecondità
L’immagine del nero aggiunta a quella dell’acqua si collega direttamente a quella di carica fecondativa, creativa, generatrice dell’Oceano Primitivo, con insita intelligenza della costruzione.
Allo stesso modo la terra è simbolo matrice dell’esistenza terrestre ed umana (in Egitto Osiride ed in genere la figura maschile sono neri, simboli di fecondità, legati allo straripamento del Nilo e alle proprietà del limo).
· Il nero simbolo di regressione e morte
Così come per ‘venire alla luce’ si intende l’abbandono dello stato oscuro, così ‘spegnersi alla luce’ significa la morte… comunque sia insomma il nero è l’ambiguità dell’esistenza umana sospesa tra l’esistenza ed il nulla. Per gli Egizi negli Inferi l’anima si rigenera prima di reincarnarsi, mentre per le altre civiltà, Ebraici, Romani, Greci e i popoli della Mesopotamia, essi sono un luogo senza ritorno, dove anche le divinità possono cadere, a prova del fatto che anch’esse possono estinguersi.
· Il nero nel lutto
In segno di lutto in tutte le civiltà il manto nero è indossato a tale scopo, aggiunto al sacrificio di animali dal pelo nero per i riti funerari dedicati agli eroi (Greci).
· Il nero simbolo del male
E’ sempre stato un colore ambiguo, oscuro, con racchiuse un sé le potenzialità del bene e del male, collegato agli aspetti notturni della psiche, dove l’anima muta forma, dove la malvagità ha la meglio e si manifesta sottoforma di animali selvatici, come il cinghiale o il serpente. In Mesopotamia ed in Grecia il male è femmina, per cui le divinità (femminili) degli inferi sono oltremodo informi, con sembianze metà uomo-metà bestia, oppure animale-tempesta…per cui un colore di aggressione, paura, distruzione, svuotato di luce.
· Il nero simbolo di rigenerazione
Se si analizzano le visioni di diverse civiltà ci si rende conto che durante il percorso della vita, la morte è il passaggio obbligato per la resurrezione nella vita eterna, nella successione Nero-Luce-Colori. Esempi ce ne sono in abbondanza: Osiride (dio egiziano) e Dionisio (dio greco) sono simbolo di potenzialità di rigenerazione; Ulisse, Eracle (eroi greci) e Giona (per gli Ebrei) hanno dovuto operare una regressione nel nero per poter tornare carichi di virtù sovrumane. Quindi così come gli dèi e gli eroi, anche i fedeli cercano e sperano di ripetere tale percorso, ad imitazione di quello divino.
Nella cosmologia questo eterno divenire è stato associato alla vita della galassia, al suo continuo pulsare.
IL BIANCO-LUCE
Nell’antichità venivano utilizzati diversi termini, i quali avevano un significato generico di candore, bianco, luce…
I materiali bianchi impiegati erano svariati: marmo, calce, argilla, argento (gli Egizi lo lavoravano in modo che non si ossidasse); anche nell’abbigliamento era presente il bianco, con tessuti in lino e cotone, sbiancati e decolorati; di tale colore erano anche molte sostanze per colorare, intonacare, pitturare (queste prendevano il nome della terra di provenienza).
· Il bianco-luce colore e simbolo della luce
Il primo atto della creazione consiste nella separazione dal buio del caos, si dà in tal modo il via al binomio luce-buio/giorno-notte.
Le immagini ricorrenti sono quelle di un uovo rilucente, del volo di un uccello, di un fiore sacro dai cinque petali bianchi (loto); il bianco è l’immagine della forza centrifuga che aziona e consuma la materia, nella sua essenziale energia vivificante.
· Il bianco-luce: epifania divina
I fenomeni naturali violenti ed inspiegabili hanno fatto sì che gli uomini credessero fossero il mezzo attraverso il quale l’Eterno si manifestasse loro, per cui tra questi erano luci, lampi, raggi, fulmini, fuoco.., apparizioni di fronte alle quali gli esseri umani non riescono a sostenere lo sguardo e ne escono sconvolti e atterriti.
Negli astri Venere rappresentava un pianeta apportatore di luce e amore; nella scultura, soprattutto quella sacra, l’abbinamento bianco-oro e l’incarnato in avorio erano la massima rappresentazione del divino; e tutti divenivano raggianti in misura della loro partecipazione alla condizione divina (dèi, eroi, re, faraoni, principi). Per quanto riguarda l’iconografia il colore dell’incarnato maschile era bruno, mentre quello femminile era giallino, a connotare il bianco simbolo di nobiltà e bellezza femminile.
· Il bianco-luce colore catartico e iniziatico, simbolo di purezza
Le azioni che rendono puri gli animi sono anche fatti di bianco e di luce: ardere nel fuoco, ad esempio, fa ottenere l’immortalità, fa raggiungere il bianco divino; i lavaggi e le detersioni sono riti di purificazione; indossare vesti bianche significa candore, purezza, integrità di chi può accedere alla forza illuminante di ragione e verità; cibi e bevande bianche venivano consumati in certe circostanze (focacce, pane, farina, latte simbolo del nutrimento cosmico)
· Il bianco-luce nell’uso funerario
Secondo Romani, Greci, Fenici, Etruschi ed Egizi il defunto brilla della stessa luce degli dèi, per cui viene vestito di un manto bianco a tale manifestazione e rispetto; quindi la morte rappresenta il ricongiungimento agli Spiriti luminosi (es.: Campi Elisi pieni di luce); per gli Assiro-Babilonesi, invece, la morte è il ricongiungimento alla luce divina del Principio.
IL BLU-AZZURRO
In tutte le civiltà possiamo denotare l’utilizzo di termini dal doppio significato riferiti a tale tinta, significato che si riferisce da un lato al blu-nero e dall’altro al blu-verde. Il colore blu non fu molto amato dai Romani, infatti era il colore degli indumenti di Barbari e Britannici (colore ‘del guado’). Per il resto era molto utilizzato nelle pitture e negli sfondi dei bassorilievi (soprattutto nei templi greci), derivato da guado, pastello, lapislazzulo (il più prezioso), sambuco, malva, bacche di mirtillo nero…
· Il blu-azzurro colore uranico e divino
Si sa, il blu è il colore del cielo, quindi per le civiltà antiche era il colore del luogo nel quale risiedevano le divinità; rappresentava quindi la pace, la ragione sovrumana, qualità che erano separate da quelle della terra. Gli occhi azzurri, ad esempio, erano sinonimo di elevatezza d’animo e di sentimenti; gli dèi erano fatti di carni azzurre e venivano spesso raffigurati in ambienti azzurri; nei paramenti sacri e nelle vesti dei sacerdoti l’azzurro era manifestazione sensibile delle cose celesti (soprattutto il lapislazzulo). Non per niente l’Olimpo dei Greci, sede massima di tutti gli dèi, risiedeva nell’alto dei cieli. Ma se per i popoli medio-orientali (Egizi, Babilonesi, Ebrei) il colore delle divinità era l’azzurro, per quelli indo-europei era il porpora (Romani,..). Colore della fertilità e della fecondità (legato all’immagine dell’acqua), era sempre abbinato allo splendore dell’oro, in particolar modo nella decorazione degli edifici (Babilonia, ad esempio, era interamente ricoperta di piastrelle azzurre, case, mura… e la Torre di Babele), in diverse tonalità: blu vicino al nero, blu vicino al bianco (luce), e blu splendente delle divinità (avente il potere di chiamare a sé le forze benefiche del cielo).
· Il blu-azzurro colore magico
L’uso di pietre preziose era noto sia per riti sacri (funzione magica) che per uso quotidiano (con funzioni talismaniche), dove lapislazzuli e turchese dovevano aumentare l’efficacia dei riti; anche gli amuleti per i defunti (Egizi) erano di colore azzurro e a forma di occhio, scarabeo, orbita solare… come azzurri erano i geroglifici che segnavano la parola degli dèi, mentre rossi erano quelli dei dèmoni, del malvagio.
· Il blu-azzurro, supposizioni nell’uso funerario
Le uniche testimonianze dell’uso di tale colore in ambito funerario sono costituite da parti di figure sacre (Osiride), e in parti di tombe (quella di Tut-ank-amon in Egitto), (il soffitto dipinto a immagine di cielo stellato in una tomba a Creta, Grecia); si hanno anche rappresentazioni di dèmoni azzurri, si suppone tellurici e marini.
IL VERDE
Il significato etimologico dei termini utilizzati dalle varie civiltà per indicare tale tinta, fa emergere la molteplicità di significati degli stessi; infatti essi potevano indicare tinta, frescura, rigoglio, campi, oppure tutti gli oggetti di quel colore, piante, stoffe, pietre,…denotando un ventaglio ampio e impreciso dell’espressione.
Le sostanze coloranti utilizzate nella pittura potevano essere sia naturali che artificiali, tra le prime abbiamo la malachite, o crisocolla, e nelle seconde la crisocolla artificiale ed i verdi di mescela (blu + gialli).
· Il verde simbolo di vita e fertilità
Se mettiamo in ordine i colori secondo la creazione cosmologica, ovvero a livello simbolico della Genesi, abbiamo come primo colore il Nero delle acque primordiali, del caos e dello stato confuso della materia; poi il Blu-azzurro degli abissi e delle acque superiori ed inferiori dei cieli, della sostanza spirituale; infine il Verde, colore del mare, liquido creatore, attraverso la luce, di tutte le forme di vita vegetale. E’ simbolo di punto di incontro, di equilibrio tra la luce (giallo) e l’oscurità (blu).
L’albero verdeggiante infatti è simbolo di vita e fertilità, posto dall’immaginario e cultura delle civiltà antiche al centro di un giardino (Eden..), simbolo della conoscenza del bene e del male (albero biblico), produttore di frutti dell’immortalità (albero mesopotamico), esempio supremo della solidarietà tra l’uomo e la natura (Creta), a manifestazione del consolidato e riverito ‘culto dell’albero’. Esso infatti rimane emblema di prosperità, continuità, promessa di risurrezione, e le divinità che incarnano queste virtù sono in parte o totalmente di color verde (Osiride per gli Egizi, Cerere per i Romani).
· Il verde simbolo di risurrezione
La rigenerazione perpetua ed infinita della vegetazione durante tutto l’anno, attraverso il passare delle stagioni, è di per sé una promessa di risurrezione; spesso essa viene integrata e concretizzata nel mito sulla vegetazione dove le piante sempreverdi sono simbolo di vita eterna (lauro, cipresso); esempi di miti: Dumuzi (Sumeri), Tammuz (Babilonesi), Osiride (Egizi), Attis e Dionisio (Greci).
· Il verde simbolo magico di salute
Possiamo notare che a proposito di miti riguardanti gli alberi, per ogni civiltà ce n’è uno in cui vi sono delle piante con poteri magici (guarigione, eterna giovinezza, poteri,..) che si trovano in luoghi misteriosi o irraggiungibili, lontano dalla realtà e protetti da insidie e forze malvagie; coloro che tentano di avvicinarvisi e di impossessarsi dei frutti/fiori carichi di potere vengono immancabilmente puniti con la morte o con atroci sofferenze (es. Adamo ed Eva). Il verde si trova anche nei talismani che cercano di portare in sé le proprietà suddette, nelle pietre, nel trucco del viso; negli abiti da festa, nell’arte orafa dei gioielli (in Egitto) come segno di sanità, portafortuna e dagli effetti magici.
IL GIALLO-ORO
Anche per questo colore i vocaboli utilizzati dalle diverse civiltà possedevano svariati significati, positivi e negativi: giallo, verde, pallido, splendente, oro, rossastro,…
Le sostanze coloranti rimediate nell’antichità erano: ocre minerali con ossidi idrati di ferro (‘stile attico’ della colorazione dorata), i fiori di cotone, le bucce delle cipolle, lo zafferano, il cartamo, la curcuma, le bucce di melograno (soprattutto in Egitto), la tapsia (utilizzata in Grecia per la tintura dei capelli).
· Il giallo-oro simbolo dello splendore solare
Il colore giallo rappresenta da sempre la luce, per gli antichi il suo significato si traduce in distinzione e raccoglimento di tale luce nel sole, nella luna e nelle stelle; soprattutto il sole era la concentrazione materiale della luce divina. Il colore più utilizzato per tali proprietà era l’oro, in mancanza di questo si ricorreva al giallo, che ovviamente però non dava lo stesso effetto. Nelle mitologie varie il sole era costituito da tre momenti e quindi tre divinità differenti: il sole nascente, quello splendente e quello calante; il corrispettivo in alchimia dava un sole nero (simbolo della materia caotica), uno oro (“l’oro dei saggi”, la parte fissa della materia purificata), ed uno rosso (“l’oro filosofico”, ovvero la pietra filosofale perfetta); questi tre rappresentavano i passaggi per il raggiungimento della pietra filosofale.
· Il giallo-oro simbolo di sacralità
L’oro coincide con il simbolo di sacro, sostanza stessa degli dèi, delle virtù soprannaturali (specialmente in Zeus per i Greci); è il materiale per eccellenza dedicato all’ambito sacro per via della sua “incorruttibilità”, ovvero immutabilità in colore, lucentezza e resistenza, ed è per questo che la maggior parte delle statue erano in bronzo, legno o pietra e venivano poi rivestite interamente o parzialmente in lamine d’oro. La chioma dorata era altresì simbolo di divinità, infatti molti imperatori romani usavano tingere o cospargere i propri capelli d’oro. In Mesopotamia gli edifici sacri venivano decorati con oro e pietre preziose, mentre gli Ebrei, che non potevano raffigurare in alcun modo le divinità, utilizzavano l’oro nei particolari costruttivi. In Egitto esisteva addirittura la “dimora dell’oro”, una stanza annessa al tempio dove veniva praticata la fusione e la doratura delle statue che così rappresentavano il colore delle carni degli dèi, oltre ad essere policrome.
· Il giallo-oro simbolo di filiazione divina
L’oro per quanto riguarda l’ambito politico rappresenta il potere e la ricchezza, ed annessa a questi la filiazione divina: il re è uguale ad un dio. Tale visione era dedicata all’inizio solo ai regnanti, imperatori, poi venne estesa ai nobili, poi ai guerrieri e agli uomini valorosi (a testimonianza della loro eroicizzazione e della loro partecipazione al potere); così avvenne anche per i ritratti. In Età Imperiale, a Roma, l’uso dell’oro divenne esagerato e, data l’assenza di profonde basi teologiche, fu solo volto all’esibizione del potere, del culto della personalità.
L’accezione negativa di tale comportamento è evidentemente contenuta nell’avidità, nella corruzione che faceva nascere negli uomini i quali divenivano capaci di tutto in devozione del prezioso materiale.
· Il giallo-oro simbolo magico di incorruttibilità
Come accennato già in precedenza, l’oro è un materiale inalterabile chimicamente; per questa sua enorme qualità esso è divenuto sinonimo di immortalità, ed il suo impiego magico per rendere incorruttibili (vedi la “conquista del vello d’oro”, la “conquista dei pomi d’oro”,…). Infatti nella tomba del defunto venivano inserite suppellettili auree per mantenere il suo spirito integro, a differenza del corpo che si disfaceva, e quindi ricongiungibile agli dèi.
· Il giallo-oro nell’uso funerario
Grazie al potere della durata infinita dell’oro, esso veniva utilizzato in svariati modi per cercare di rendere il defunto più puro ed integro possibile, in modo che si potesse ricongiungere alle divinità una volta passato nell’aldilà, potendo rivivere in eterno; per cui troviamo a Micene le maschere d’oro che proteggevano il volto dei defunti, in Egitto i sarcofagi in oro, la doratura del corpo…
IL ROSSO
Anche per quest’ultimo colore vasti e molteplici sono i vocaboli che in antichità lo denotavano, a seconda di gamme e gradazioni: porpora, scarlatto, kèrmes, blatta, giacinto, ametista… la maggior parte dei quali avevano una origine comune, derivavano dalla parola ‘sangue’.
Per quanto riguarda i materiali di reperimento di tale tinta, l’ematite rossa era un rosso minerale di facile reperimento, le ocre ferrose (utilizzati entrambi per colorare gli scheletri in usi rituali, uniti a grassi animali per le pitture rupestri); le sostanze vegetali, per la tintura di tessuti, erano svariate: bietolone, spinacione, succo di mirtillo, caglio di palude, robbia.
Nel XVII secolo a.C. i Cretesi scoprirono l’estrazione della porpora dalle “murex” e la tramandarono ai Fenici; in Egitto era utilizzato l’henné per la tintura dei capelli, del corpo e dei tessuti fino all’avvento della porpora; gli Ebrei utilizzavano il kèrmes (dagli insetti delle bacche di quercia) e con la porpora vestivano i re; i Greci avevano kèrmes e robbia, poi subentrò la porpora negli abiti degli dèi, degli eroi perché migliori di tutti; i Romani vestivano i re di tale colore per poi estendere tale permesso e lusso anche ai magistrati ed agli alti funzionari.
Ma la porpora era molto costosa, così si tendeva a contraffare l’originale preparazione con l’allungamento o con l’utilizzo di kèrmes; oppure veniva utilizzato il ‘minium’ che però scuriva alla luce, questo era solo per statue, architetture e scritture; oppure ancora il ‘cinnabis’, o ‘sangue di drago’, derivato da palme. La funzione del rosso aveva vari significati: sul corpo era un forte richiamo sessuale, nella tintura delle stoffe era per conferire prestigio, in scrittura per evidenziare il significato fausto di parole o numeri.
· Il rosso colore della vita, della vigorìa e della forza
Il colore ‘rosso’ venne associato alle parole ‘vino’ e ‘sangue’, con significati di virtù magiche di potenziamento e glorificazione della vita, quindi salute, giovinezza, splendore, risurrezione, energia vitale. Secondo le civiltà antiche gli uomini e gli dèi sono stati creati e scaturiti dallo spargimento del sangue delle divinità, e per tal motivo il sangue occupa un ruolo determinante nei sacrifici di purificazione: attraverso l’unzione con il sangue si ottengono rigenerazione e ringiovanimento; utile era anche l’offerta della propria forza vitale attraverso flagellazioni, tagli, evirazioni, eccitazione… questo soprattutto in occasioni quali la morte di un dio, che si piangeva una volta l’anno, e significava la rigenerazione della natura (ad es. la morte di Dionisio, emblema del vino).
· Il rosso colore apotropaico e catartico
Le proprietà delle sostanze rosse erano essenzialmente di protezione, difesa e purificazione; ad esempio si utilizzavano amuleti per essere al sicuro dalle forze malefiche, bende di lana rossa avvolte attorno alla cosa/persona da proteggere, unzione di templi e case col sangue per placare e tenere lontani i dèmoni. Il sangue delle vittime nutriva la divinità, i morti, i dèmoni e li tranquillizzava tenendoli lontani dagli esseri viventi; per questo erano frequenti sacrifici di primogeniti, poi di animali (soprattutto il toro), e poi l’offerta di vino.
La purificazione avveniva inoltre attraverso l’immersione del corpo o parte di esso nel sangue dell’animale sgozzato, che anche per tale uso era quasi sempre un toro; tale sangue poi veniva fatto colare a terra e fatto penetrare nel terreno per dare nutrimento ai morti.
· Il rosso nell’uso funerario
Sin dalla preistoria si usava cospargere di cera rossa i cadaveri, secondo la credenza che il rosso avesse poteri purificatori, vivificatori, princìpi vitali… si utilizzavano sudari rossi e venivano posti fiori rossi sulle tombe (l’anemone scarlatto, il melograno, papaveri,…).
· Il rosso colore della regalità, della potenza e del lusso
Il rosso porpora è assolutamente simbolo di potenza, alta dignità, ricchezza, sovranità, sontuosità, merito del suo alto costo dello splendore e della difficoltà di produzione; secondo Goethe il rosso nel suo stato scuro e concentrato conferisce impressione di gravità e dignità, mentre nel suo stato chiaro e rarefatto di clemenza e grazia. Inizialmente l’utilizzo del rosso era esclusivo dell’ambito religioso, ma col tempo si ampliò a quello civile e profano: lo troviamo negli arredi sacri (tende, porte, stipiti), nelle vesti e nei mantelli per le statue divine, negli indumenti e nei troni dei sovrani, dei sacerdoti (per la concezione teocratica dell’origine divina dei re).
In Egitto il rosso divinatorio e regale coesisteva con quello nefasto e pericoloso del male. Nella nozione positiva esso era connesso a gioventù, salute, vigore, bellezza e forza (es. il ‘flammeum’ era un velo rosso-arancione indossato dalle spose romane il giorno delle nozze); ma nell’età Tardo-Imperiale romana la porpora perde il suo significato sacro, divenendo puro segno di superficialità a causa dello sfarzo e della ricchezza esagerati (così come era già accaduto in età Ellenistica in Grecia); esso riacquisterà valore solo con l’avvento del Cristianesimo.
· Il rosso colore della guerra
E’ inevitabile abbinare il rosso all’idea di guerra, battaglia, azione eroica, all’ardere degli animi in lotta, al sangue versato sul campo e alle divise militari; così era per i popoli che di battaglie vivevano, e vivevano del nascondere, provocare, eccitare e spaventare. Anche nelle marce e nelle parate il rosso primeggiava, nella celebrazione del trionfatore e nella protezione di se stesso dagli spiriti delle sue vittime (indossava una corona oro, indumenti e viso tinti di rosso…).
· Il rosso colore degli Inferi e della distruzione
Questo colore, come abbiamo visto tutti gli altri, possiede connotazioni positive ma anche negative, che risiedono nell’istinto incontrollato di potenza, nell’egoismo, odio, crudeltà, rabbia, omicidio, stragi, distruzioni. Soprattutto in Egitto tale tonalità è sinonimo di collera divina, di pericolo, è collegato con l’idea della profondità (del sottosuolo) e con quella del fuoco, del magma infuocato, degli Inferi, dove le divinità maligne hanno sempre a che fare con il ferro, materiale ritenuto impuro e negativo quanto lo zolfo (tra giallo e rosso). Per cui i dèmoni devono risiedere in tale luogo nefasto, ardere nel fuoco, essere rossi ed assetati di sangue, feroci. In certi miti e credenze erano figure assetate di sangue quelle dee legate al vino, all’ubriachezza, all’eccitazione orgiastica che le rendeva cieche e furiose, facendo trasparire da un lato il contatto con la natura e l’amore per essa, ma allo stesso tempo ammonendo contro i pericoli del vino.
Fuoco e fiamme furono strumenti di vendetta e distruzione, favorendo l’analogia Rosso-Sangue-Omicidio (ad esempio nell’Apocalisse Satana è rappresentato come un drago rosso; in Egitto i dèmoni sono rossi: Seth, assassino del proprio fratello, è completamente rosso).
Possiamo notare quindi come di fondo vi siano significati e suggestioni di base comuni alle varie civiltà, ma con varianti più o meno evidenti: la più eclatante trova le divinità manifeste col porpora presso i popoli indo-europei (Romani, Greci,…), mentre con l’azzurro in quelli medio-orientali (Egizi, babilonesi, Ebrei…).
Interessante anche l’analisi etimologica dei colori, che ha messo in luce i significati originari della loro definizione, scoprendo in tal modo che molti termini costituivano ambiguità comprendendo varie gamme e vari oggetti di quel colore, mentre altri più specifici si riferivano al materiale di origine del colore stesso.