La continua fuga da sé stesso e dai “suoi peccati” lo portò a peregrinare in diverse parti d’Italia. Non dimenticò mai la pittura, sua fedele compagna né le opere che realizzò. Proprio a causa di alcune di esse, lasciate forse in una barca, in una delle sue “fughe”, decretarono quella che sarebbe stata la sua fine.
Cercando di immaginare Caravaggio disperato per questa “separazione” dalle sue “amate”, potremo quasi “sentire” i suoi ultimi istanti di vita. Dovremo farlo però, con un sentimento del tutto particolare che proviene dal Cuore: l’Immaginazione creatrice, figlia di quell’Intelletto Creativo che ispirò il Caravaggio per tutta la sua vita artistica.
Solo e disperato nel vano tentativo di recuperare le sue opere, ormai senza forze a causa della sua malattia, la rabbia che si impadronisce del suo corpo, della sua anima, la follia e il dolore di chi ha perso dei veri e propri figli, portarono forse il Caravaggio ad un gesto estremo. Prese la decisione di recuperare le sue opere nuotando verso la barca dove erano rimaste. Ormai una forte febbre lo assaliva, ma lui incurante si gettò in mare e qui, forse, avvenne il miracolo del “Ricordo”. Il contatto con l’acqua purificatrice lo risvegliò dal torpore e si rese conto che la sua vita era giunta al termine. Si lasciò andare consapevole, prendendo coscienza che la sua opera in Terra non era compiuta e dal suo Cuore partì un appello a quegli Arcangeli che aveva sempre Amato e che sempre sono stati fonte di ispirazione. Ci piacerebbe “immaginare” che chiese scusa alla sua anima tanto fortemente che “Qualcuno” ascoltò la sua preghiera, anime particolari sarebbero accorse per custodire per sempre il suo corpo (si dice che il corpo del Caravaggio non fu mai trovato) nel mare, in un eterno stato di purificazione. Queste anime antiche, lemuriane, si incarnarono molti anni fa in corpi particolari, nei delfini. Questi portano amore e compassione in terra e si narra che i loro canti, come del resto quelli delle balene, possano cambiare il DNA umano rendendo la persona che si affida a loro dal cuore, consapevole. Furono coloro che “svegliarono” Caravaggio dall’oblio in cui era caduto e lì, qualche minuto prima della morte del corpo, “capì”.
Comprese che Lui, Michelangelo Merisi da Caravaggio non era altri che una diretta emanazione dell’Arcangelo Uriel o Nuriel, e che la sua Funzione era quella di dipingere e ricordare al mondo il segreto dell’equilibrio tra Luce e Tenebra che avrebbe portato l’uomo a rinascere come Uomo Nuovo consapevole. Caravaggio comprese l’importanza della sua Funzione e dell’Arte che portava in sé. Come in Cielo così in Terra. Come in Cielo, l’Arcangelo Gabriel era il progenitore dei colori, così in Terra Caravaggio-Uriel era colui che doveva manifestarli attraverso la pittura. Chiese a sé stesso e all’amata Gabriel di portare a compimento la sua opera. In quel preciso istante avvenne la magia della trasmigrazione del Sé, in un altro corpo già preparato da tempo per questo raro evento.
Qui entra in gioco la figura di Bartolomeo Schedoni, anima molto simile a quella del Caravaggio, arrogante, iroso, folle, ma con una scintilla nel Cuore, quella scintilla che lo porterà a compiere uno tra i più elevati Atti d’Amore che mai si siano verificati in terra: “accogliere” un compito di qualcun’altro per portarlo a termine. Il miracolo fu compiuto il 18 Luglio 1610…
“La Luce dei Mondi porta un unico e originario sigillo che dà, con l’impronta di sé, la certezza della Verità svelata. La contraffazione non è contempleta, la parola non teme ambiguità e il cuore è lo scrigno di fronte al quale il torbido svela costantemente le proprie intenzioni, in assenza dell’unica vera Chiave d’accesso. Non esiste, dunque, margine d’errore, nè in nuce, nè indotto”.
03 Mag