L’ESSENZA DELLA MUSICA (R. Steiner)
Prima conferenza: Colonia, 3 dicembre 1906 (pag.15)
Tutte le arti, escludendo la musica, traggono i loro modelli dal mondo fisico; esse rivestono le loro manifestazioni prendendo esempi e modelli ispirati dal mondo esterno, fatto di colori, forme e movimento.
Quando ad esempio uno scultore crea un’opera artistica, la crea traendola fuori dalla sua propria rappresentazione, ossia dalla sua facoltà di sentimento sorretta e trasposta nel pensare. Egli combina insieme molte e varie impressioni, o immagini ideali, conservate nella sua memoria. Prende dall’insieme delle forme o dei colori esistenti in sè o nella natura vari immagini che si andranno a configurare in un’unica espressione, che le riunifica, fondendo tante immagini in una sola.
Possiamo ben verificare che nell’esperienza innanzi ad un colore e davanti a un suono, ci pervenga la sensazione che da questi emani come una sorta di volontà esistente in essi, la quale esiste prescindendo da noi, al di fuori di noi.
Le altre arti siccome debbono passare inevitabilmente attraverso la rappresentazione, for-niscono nelle loro creazioni, rappresentazioni di immagini ideali, o meglio l’artista riproduce un’immagine archetipa di una Volontà che esiste al di fuori di lui.
Nella musica invece accade un’altra cosa: non potendo attingere ad alcun modello esistente nel mondo fisico che esprima l’elemento musicale, è come se il musicista stesse col suo orecchio appoggiato sul cuore della natura: egli percepisce la Volontà della natura e la riproduce in una sequenza di note musicali.
L’uomo nella musica percepisce il battito del cuore della volontà del mondo; l’anima trova nel suono la sua vera natura, la propria affinità di essenza.
Come le altre arti sono espressioni di immagini della volontà, la musica è l’espressione immediata della Volontà stessa, senza l’intervento della rappresentazione.
Quindi : altre arti = immaginazione
musica = ispirazione.
Nella musica l’uomo si sente molto vicino all’essenza della natura.Il fatto che essa possa parlare a tutti, come una sorta di linguaggio universale, ed agisca sin dalla prima infanzia, significa che in essa si muove l’essere divino del cosmo, essa rappresenta la vita attiva di Dio.
Il musicista, quando crea non può copiare nulla, prendendolo dalla natura fisica esteriore; (tranne il canto degli uccelli) da dove egli tragga il materiale delle sue creazioni lo si deve ricercare nella sfera della sua anima, nei mondi spirituali.
Il modello della musica sta nello spirituale; i modelli delle altre arti sono nel fisico.
IL DEVACHAN O MONDO DELLA MUSICA DELLE SFERE
Ogni notte noi penetriamo con il sonno, nel devachan, o mondo spirituale.
Quando il discepolo riesce ad ottenere la continuità della coscienza nel sogno, gli appare dapprima il mondo astrale, fatto di luce e colore e poi, piano piano giunge ad un altro mondo fatto di suoni, ove si percepisce un “risuonare”: è ildevachan.
L’elemento primordiale del mondo devachanico è un fluttuante mare di suoni.
Ad ogni cosa, nel mondo fisico, sta alla base un suono; il suono è ciò tramite il quale venne creato l’universo.
Durante il sonno, entrando in tale mare di suoni, veniamo permeati da essi nel corpo astrale e nell’io; ritornando il mattino nel corpo, imprimiamo tali suoni dal corpo astrale nel corpo eterico.
Il musicista compositore trasforma incoscientemente in suoni fisici, il ritmo, le armonie e le melodie che, durante la notte, egli ha percepito nel devachan, le quali sono rimaste impresse nel suo corpo eterico.
Questo è il misterioso rapporto tra la musica che risuona nel fisico e l’ascolto della musica spirituale durante la notte. La musica fisica non è che la copia della realtà spirituale.
Come l’ombra sbiadita sta in confronto all’uomo vivo, così la musica-ombra fisica sta alla vera musica-luce spirituale.
Il modello archetipo primordiale della musica sta nel devachan.
L’uomo può creare e accogliere in sè, la musica fisica, solo in virtù del fatto che deve per forza averla già in sè e quindi averla conosciuta in un tempo passato; egli la riconosce perchè l’esperienza musicale ricorda e stimola in lui una sorta di affinità con ciò che fuori di lui, avverte in lui. Come guardando una forma fisica inedita, dobbiamo obbligato-riamente riconnetterci con qualcosa da noi già sperimentato in passato e quindi inciso nella nostra memoria, dobbiamo intendere che se possiamo ascoltare o creare musica ciò è possibile solo perchè essa deve essere necessariamente già esistente in noi. Come il pensiero non può pensare una cosa che non conosce se non ha in sè nella percezione, il ricordo di averla già conosciuta, sperimentare musica non significa conoscere l’elemento musicale, ma ricordarlo.
COME AVVIENE L’AZIONE DELLA MUSICA SULL’UOMO ossia
IL MISTERO OCCULTO DEL MAGGIORE E DEL MINORE
Il corpo eterico è un modello eterico come più fine del corpo fisico; vi è un corpo ancor più fine parente del corpo eterico e tendente al corpo astrale, o meglio che s’interpone fra eterico e astrale: il corpo senziente. In esso è incorporata l’anima senziente, che vi s’inserisce come una spada nel fodero, formando così un tutt’uno, tanto da far apparire tale corpo senziente come un veicolo di supporto ove è contenuta l’anima senziente. L’uomo possiede inoltre l’anima razionale e l’anima cosciente la quale è congiunta al manas o sè spirituale.
( Mia considerazione )
Occorre distinguere fra corpo astrale e corpo senziente: nel libro Teosofia, il corpo astrale è inteso quale raggruppamento di corpo senziente (parte animale, elemento della corporeità fisica) e anima senziente (elemento più spirituale) in un unico elemento denominato appunto corpo astrale, mentrel’a.razionale e l’a.cosciente sono intese quale corpo dell’Io.
L’animale e l’uomo hanno in comune il corpo fisico, il corpo eterico e il corpo astrale; avendo appurato che il corpo astrale è da considerarsi come una compenetrazione dell’anima senziente dentro il corpo senziente durante lo stato di veglia, mentre nel sonno quest’ultimo rimane nel letto, rilasciando nel cosmo l’elemento più spirituale dell’anima senziente, si potrebbe affermare che come nell’animale agisce un’anima di gruppo che supporta e offre la vita di di sensazione e di istintività nella veglia, come fame, sete, sonno, paura, ecc, anche nell’uomo appare qualcosa di simile ad un’Entità che presiede alle necessità puramente animali.
Il corpo senziente è una parte del corpo astrale oggettivo appartenente all’Anima di gruppo spirituale: è come un contenitore nel quale s’inserisce, nello stato di veglia diurna, l’anima senziente.
Si può dire che le Anime di gruppo discendono sul piano fisico solo con la loro parte più bassa, l’anima senziente, ossia penetrando nel corpo senziente e agendo in corpi eterico/fisico animali onde guidarli lungo la loro vita terrena: la loroanima razionale e cosciente, quale corpo dell’Io, resta nel soprasensibile.
Nell’uomo invece, avendo egli in sè un Io che discende nel fisico completamente nello stato di veglia, con le sue due anime superiori, attraverso l’a. razionale e cosciente egli determina un dominio sui suoi elementi corporei, acquistando così la possibilità di compiere pensieri, sentimenti e azioni libere, in modo così ben dissimile da ciò che invece accadrebbe se agisse in lui un’anima di gruppo spirituale, allineata alle leggi eterne.
Tra l’altro ciò si è reso indispensabile causa la libera missione che l’uomo deve attuare.
Si può azzardare di dire che anche l’uomo ha quindi un’anima di gruppo che presiede le necessità di conservazione e di evoluzione della specie; l’anima senziente dello spirito di gruppo umana, vivente nel corpo astrale, e l’anima senziente umana sono da intendersi come la medesima cosa, fusa insieme; solo l’anima razionale e cosciente umana sono manifestazione e esplicazione dell’Io umano, come si potrebbe intendere dal libro Teosofia. (vedi pag.46, riportata all’inizio della mia considerazione)
Durante il corso dell’evoluzione, ci fu un momento in cui, vi erano animali superiori, provvisti come tutti gli animali di corpo fisico, corpo eterico e corpo senziente, il quale come già detto, è un elemento manifestante l’espressione dell’anima senziente appartenente all’Io di gruppo animale. Non recavano in sè alcun io.
Nel passato antico, accadde allora che entità resero disponibile la discesa di Io individuali, ossia di anime, entro corpi che avessero sviluppato un’affinità tale da poterlo accogliere. L’anima, dall’alto, dovette condensarsi, e il corpo senziente, in basso, dovette affinarsi; con ciò si produsse un’affinità fra i due che permise una compenetrazione.
Tali animali superiori si affinarono al punto di poter accogliere in sè un io divino, o meglio resero disponibili i loro corpi fisici quali strumenti su cui fondare la base di supporto per la manifestazione di un’io individuale.
L’anima senziente appare quindi come un elemento di proprietà dell’anima di gruppo spirituale: il vero e proprio corpo astrale; durante il giorno compenetrando il corpo senziente genera la vita di sensazione e di istintività, mentre durante il sonno lascia il corpo senziente nel letto per involarsi nei mondi spirituali, assieme, come nell’uomo, al corpo dell’Io.
Nel sonno quindi, mentre il corpo senziente rimane nel letto, il corpo astrale ossia l’anima senziente, insieme alle altre due anime vanno nel cosmo.
L’animale non ha però un Io, quindi è sprovvisto di anima razionale e cosciente; questi due elementi non sono incarnati sul piano fisico, ma si trovano nel soprasensibile, entro lo spirito di gruppo che anima tali animali.
Anche nell’animale avviene che il corpo senziente nel sonno resta sulla terra, ma essendo l’anima senziente non parte di un Io, ma bensì di un’io o anima di gruppo animale penetra nell’atmosfera o sostanza astrale (suo corpo astrale oggettivo) del suo spirito di gruppo.
Ciò avviene anche all’uomo: egli penetra con il sonno nell’atmosfera astrale dell’anima di gruppo Umana, però provvisto del suo Io, a differenza dell’animale singolo che non ha un’individualità propria.
Quindi si può dire: nell’uomo durante la veglia si può parlare di corpo astrale solo intendendo l’insieme fra corpo senziente e anima senziente compenetrati insieme come una moneta a due facce, come una spada nel fodero; nel sonno, rimanendo il corpo senziente sulla terra, è la sola anima senziente da intendere con il nome di corpo astrale.
Il corpo astrale è quindi un veicolo che compenetra l’animale e l’umano, ma che in realtà è un che di oggettivo, di impersonale, quale espressione manifestante un’anima di gruppo o spirito di gruppo. Il corpo astrale è propriamente l’insieme dell’atmosfera animica che si compone e si denomina configurando ad es. una parte dello “spirito di razza dei leoni”, che è in verità un’entità spirituale che non si manifesta scendendo nel piano sensibile, ma rimanendone al di fuori. Anche nell’uomo appare questo quid di impersonale.
Tali entità sono discendenti della 3 gerarchia.
Anche l’uomo possiede in sè come gli animali, tali spiriti di gruppo: essi fanno sentire il loro influsso tramite la loro anima senziente .
Si può quindi azzardare dicendo che si può parlare di vero corpo astrale permanente solo negli animali; nell’uomo esso è pure presente, come espressione di un’entità quale spirito di razza, arcangelo di popolo, ma che intessendosi e cozzando con la facoltà libera dell’io umano che opera con le sue “due anime, razionale e cosciente”, diviene, solo durante lo stato di veglia diurna, un elemento o corpo astrale individualizzato di proprietà dell’umano.
Quando durante il giorno, il corpo astrale o anima senziente s’inserisce nell’elemento corporeo del corpo senziente, a tal punto cessa l’azione oggettiva e governante dell’Anima di gruppo, intessendosi con l’attività e la facoltà dell’Io umano.
Nell’animale non vi è un io, quindi è il corpo astrale a supportare e generare i processi istintivi: l’Io dell’anima di gruppo animale agisce esternamente sul veicolo eterico e fisico della bestia; nell’uomo, è l’azione dell’io sul corpo astrale o più correttamente, l’azione dell’io sull’anima senziente che si esplica riflettendosi a sua volta sul corpo astrale nella veglia.
Il corpo astrale appare quindi come un veicolo per “viaggiare” nel mondo astrale, o meglio, per muoversi nei mondi superiori all’interno del proprio spirito o anima di gruppo umano; esso non è assolutamente di proprietà dell’umano, lo è apparentemente, solo nella veglia:
esso è più propriamente di proprietà dello spirito di gruppo umano o di razza, che nella veglia ha un influsso che è però dominato dall’azione dell’Io umano tramite la facoltà che l’uomo usufruisce dall’interazione del corpo eterico e corpo fisico, mentre nel sonno, cessando tale legame con gli elementi più corporei si attua un dominio più alto da parte dello spirito di gruppo. A causa di ciò, l’uomo si trova nel sonno nella stessa condizione o stato di coscienza presente nell’animale in stato di veglia.
Quindi:l’azione dell’Io umano si esplica attraverso le due sole anime: razionale e cosciente; l’anima senziente compenetrata con il corpo senziente è offerta dall’entità della 3° gerarchia che opera dall’astrale, quale supporto o campo di manifestazione per la generazione della coscienza pensante, senziente e volente dell’Io umano.
(fine mia considerazione)
———————————————————————————————————————
Quando l’uomo dorme, il corpo senziente rimane nel letto con il corpo fisico e il corpo eterico; le altre parti più alte, compreso il corpo astrale (o anima senziente), entrano nel devachan.
Nel devachan e nel mondo astrale gli esseri e le cose si compenetrano, all’opposto che nel mondo fisico: a tal uopo esso è anche chiamato sfera della permeabilità.
L’io e le tre anime vengono compenetrate così da suoni spirituali, dalle vibrazioni devachaniche; quando l’uomo ritorna nel mondo fisico, può trasmettere discendendo i gradini della sua costituzione occulta, dal corpo astrale sino all’anima senziente, la quale fa
risuonare il corpo senziente che a sua volta trasmette le vibrazioni al corpo eterico.
Si può dire quindi che se l’uomo crea o accoglie musica, questo avviene in quanto egli ha già in sè quei suoni nel suo corpo senziente; se li crea e quindi li traspone nel fisico è come se ricopiasse, rivestendo di suoni fisici ciò che in ispirito aveva percepito durante la notte, se invece ascoltando musica altrui ne è attratto o respinto dipende dal livello di affinità che riscontra fra quei suoni fisici e quelli che sono stati infusi in lui precedentemente di notte. Come guardando una forma fisica dobbiamo per forza riconnetterci con qualcosa che a noi sia già noto, per poter capire donde venga la musica la dobbiamo riconoscere come già in noi, averla già conosciuta in un altro momento.
Mentre al suo risveglio mattutino l’uomo non è cosciente di aver accolto dei suoni nella notte, egli sente in modo vago quando ascolta musica, che insite in lui esistono già come atavicamente, quelle impronte del mondo spirituale.
Quando si ascolta musica fisica, la prima impressione accompagnata dal relativo processo di percezione, avviene nel corpo astrale; esso trasmette e invia i suoni percepiti nel corpo eterico, sopraffacendo i suoni spirituali già presenti in quest’ultimo, suoni accolti dal devachan durante la notte. Qualcosa passa dal corpo astrale nel corpo senziente, il quale riceve così nuovi suoni fisici, esterni. Sorge una specie di lotta, fra corpo senziente e corpo eterico, una sorta di confronto fra i suoni presenti nell’eterico (che vengono dal devachan) e quelli che provengono dal mondo esterno fisico.
In questo consiste il benessere che si ha nell’ascoltare e nel creare musica.
Se le armonie e le melodie provenienti dal mondo fisico sono più intense e ricche, quindi recano in sè contenuti sublimi e divini, immagini vive dello spirito, così elevate da sopraffare quelle già presenti nel corpo eterico, allora si sperimenta la gioiosa tonalità maggiore. (Ciò equivale al percepire gioia, cioè speranza di ritrovare la patria perduta)
Al contrario, quando le armonie e le melodie udite nel fisico sono povere e deboli e non hanno quindi in loro alcuna espressione dell’eterno, vengono sopraffatte da quelle presenti nel corpo eterico, donando l’esperienza nostalgica della tonalità minore. (equivalente allo sperimentare un senso di mancanza, di non poter ritrovare la propria perduta patria perduta)
L’ASCOLTARE LA MUSICA FISICA
(mia considerazione)
Nell’esperienza maggiore, (l’alto dello spirito) il corpo senziente appare vittorioso sopra il corpo eterico; oppostamente nell’esperienza minore, (il basso della materia) è invece il corpo eterico ad essere vittorioso sul corpo senziente, dice Steiner.
In altri termini, ci si potrebbe esprimere anche in questo modo:
– Nel maggiore si trova un’espressione del sentirsi sostenere da un quid che ci porta un sentore che testimonianza in noi, la veridicità dell’esistenza della realtà spirituale fuori di noi; è una sorta di conferma, di messaggio occulto che ci sussurra che lo spirito esiste, anche nella materia, e che ci ricorda della nostra vera natura divina: in esso troviamo affinità con la nostra anima. Nel maggiore è possibile accogliere, ricevere indizi che rivelano nell’espressione dei suoni fisici, l’esistenza dello spirito.
Quando l’uomo sperimenta il maggiore, sente benessere gioioso perchè in tale espressione vi è un qualcosa che si accorda e gli ricorda, quale reminescenza, quella realtà che un tempo egli contemplò nei mondi spirituali. (per es. durante la notte)
Si potrebbe anche azzardare, affermando che, il prediligere l’ascolto o il creare in tonalità maggiore, rappresenta il cogliere nell’incanto che è celato dietro il suono fisico, il riflesso o la vera manifestazione dello spirito; quindi all’aver tendenza all’avere già in sè stessi fiducia nello spirito, certezza nel credere all’esistenza dello spirito. Ciò è pura prerogativa di colui che trova nel fisico la dimostrazione, la prova di aver trovato in sè la presenza di una natura divina, similare alla stessa natura della musica: egli coglie lo spirito nella materia.
L’uomo che ricerca e crea in maggiore è quindi colui che sentendo il Logos, il divino in lui tramite il suono, ha fede in sè e nello spirito: avverte in sè il soffio della Parola primordiale. IL maggiore dà conferma della realtà dello spirito da fuori di noi, in noi.
– Il prediligere invece l’ascolto o il creare in minore, manifesta all’opposto, sfiducia in se stessi e nello spirito; i suoni spirituali impressi nell’eterico derivanti dal devachan non trovano conferma nel suono fisico.Non si trova testimonianza dello spirito nella materia; non si riesce a trovare un’affinità fra il nostro essere spirituale interiore e il mondo esterno. Il minore esprime il non riuscire a trovare, pur cercando, l’essenza che vive in noi, fuori di noi. Il Logos che vive in noi, esiste solo in noi, non esiste fuori di noi.
In sintesi, si può quindi asserire:
– L’ascoltare o il creare in maggiore rappresenta certezza di credere all’esistenza dello spirito, e quindi sicurezza di poterlo un giorno ritrovare:è un gioire nella gloria.
– L’essere inclini al minore, invece esprime grande nostalgia, malinconia, timore che il non trovare nel fisico testimonianze dello spirito, significhi che lo spirito non esiste e che quindi mai ritroveremo quella patria smarrita. E’ un urlare, un lamentarsi, un piangere se stessi nella propria agonia nostalgica che pur avvertendo un che di divino dentro al proprio essere, è alla ricerca di un divino nell’esterno che sembra non esistere.
Le armonie maggiori ripristinano in noi momentaneamente, l’antica condizione di grazia primordiale edenica, facendoci cogliere nel momento dell’ascolto come un riandare in un sentimento vivente indietro a quel tempo: in esse vi è un qualcosa che esprime quella gioia che noi sentivamo allora promanare dalle anime degli Dèi, giubilanti per la loro creazione.
Nelle armonie minori avvertiamo invece una mancanza, una solitudine immensa che ci pervade, una nostalgia per un passato che sembra non debba mai più ritornare; in poche parole rimpiangiamo una condizione di grazia che abbiamo perduto.
– I temperamenti che prediligono il Maggiore sono esseri sognanti (quali i mistici) certi che verrà un tempo in cui verrà raggiunta la patria spirituale; ciò determina un atteggiamento rivolto verso l’esterno, spesso altruista.
– I temperamenti che sono inclini al Minore sono invece esseri all’eterna ricerca di trovare
nell’agonia della ricerca su questo mondo, un qualcosa che gli confermi o gli dimostri di poter un giorno venir consolati e quindi poter raggiungere la patria spirituale, non trovando nel mondo fisico l’esistenza di alcun elemento spirituale che li sostenga nello sperare; per tal motivo appaiono chiusi in sè, seppur maggiormente attenti e coscienti.
Quindi: Maggiore = vita o fiducia nello spirito; lo spirito è ben presente nel mondo, nella natura;
Minore = morte, sfiducia nello spirito; ricerca dello spirito dentro sè stessi..
Ancora: Maggiore = periferia; Minore = centro.