Suonatore di liuto
è un dipinto ad olio su tela di cm 100 x 126,5 realizzato tra il 1595 ed il 1596 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato all’Ermitage di San Pietroburgo.
L’opera fu dipinta molto probabilmente successivamente a quella originaria destinata al Marchese Giustiniani ora custodita presso il Museo dell’Ermitage. Questa è invece stata realizzata, forse con l’aiuto di suoi allievi di bottega, per il cardinale Francesco Maria Del Monte. Entrambi lo consideravano il più bel quadro delle proprie collezioni.
Si ritiene, data l’estrema somiglianza estetica col Bacco degli Uffizi, che a posare per entrambe le opere sia stato lo stesso modello. Una parte della critica lo identifica col pittore siciliano Mario Minniti, amico di scorribande, e forse amante, di Caravaggio. Altri lo identificano col castrato spagnolo Pedro Montoya, che in quegli anni era cantore nella Cappella Sistina; non a caso, il fanciullo ha le labbra dischiuse, come se stesse cantando accompagnandosi con lo strumento.
L’elemento più pregevole del dipinto è sicuramente la doppia natura morta sul tavolo, rappresentata dai frutti (memorabile la pera con i graffi bruni sulla buccia), dai fiori e dallo spartito musicale. Quest’ultimo, analogamente a quello presente nel Riposo durante la fuga in Egitto, è stato decifrato dai musicologi che v’hanno individuato un sonetto d’amore d’autore anonimo; il quadro, quindi, vuole essere un invito ai piaceri dell’amore e delle gioie della vita attraverso le arti (la musica e il canto) e i piaceri terreni (la frutta e i fiori).
La “dedica” al Giustiniani è stata decifrata grazie alla grande “V” (cioè Vincenzo) dipinta su un capoverso dello spartito.
Esiste sicuramente un’altra copia presso il Metropolitan Museum di New York con alcune variazioni (altri strumenti sul tavolo), realizzata in periodo successivo, la cui autenticità è stata messa in dubbio dagli studiosi; tuttavia, data la bellezza delle nature morte presenti in esse (in una, sono presenti spartito, pianola e flauto) non è da escludere che sia un’opera realizzata in gran parte con (o terminate da) allievi.
…Ma la visione del Suonatore di liuto non si ferma qui. Caravaggio volle, con questa sua opera deporre il ricordo della sua “conoscenza contagiosa” che stravolse il modo di concepire la pittura.
Già diversi pittori “Artisti” celavano messaggi all’interno di quadri “commissionati” dalla Chiesa. (Botticelli, Rosso fiorentino, Pontorno, Raffaello… tanto per citarne alcuni).
Con quest’opera Caravaggio pose un sigillo sul significato più nascosto della sua pittura. Oltre alla visione già ampiamente spiegata e svelata da diversi critici (mi riferisco al simbolismo dell’androginia o ai vari significati dei fiori e del cesto di frutta, o ai vari significati della musica).
Vorrei porre l’attenzione su un qualcosa che risiede ancor prima e ancor più profondamente nella concezione dell’Arte per Caravaggio.
Con il Suonatore di Liuto Caravaggio volle rappresentare quello che per il taoismo rappresenta la forma dello yin e jang.
(Yin e Yang sono la legge del Cielo e della Terra, lo schema di tutte le cose, i generatori del cambiamento, l’origine della nascita e della distruzione) Suwen, cap.5.
(Una cosa è Yin, una cosa è Yang, questo è il Tao) Yi King
Nel suonatore di Liuto questa “manifestazione” è rappresentata nei vestiti del ragazzo…
Un Vestito “Bianco e Nero”, “Luce e Tenebra”, un vestito “duale” di un essere Androgino.
Il significato di androginia nel Caravaggio porta a percorrere una strada che ci riporta all’inizio dei tempi vedici.
Nella figura del ragazzo possiamo ritrovare significati “divini” di un ricordo delle proprie origini.
Se dovessi sintetizzare a parole la rappresentazione del suonatore di Liuto la farei in questo modo:
Nel ragazzo (l’Ospite o Ente) possiamo far risuonare queste parole:
Quello è Pienezza. Questo è Pienezza.
La Pienezza nasce dalla sua Pienezza.
Tolta la Pienezza dalla Pienezza, la Pienezza rimane Pienezza.
Tutto ciò che esiste è Pienezza.
Om, Pace, Pace, Pace
(Isha Upanishad)
Nei Vestiti:
Al principio, è certo, nulla esisteva, né il cielo,
né la terra, né lo spazio fra i due.
Allora il Nonessere, avendo deciso di essere, divenne spirito
e disse: “Possa io Essere!”. Riscaldò sé stesso
e da questo calore nacque il fuoco. Si scaldò ancora di più
e da questo calore nacque la luce.
(TB II, 2,9,1-2)
Nel Liuto:
“AUM, il Verbo primordiale, è la quintessenza di tutti i Veda e la sorgente di tutte le Sacre Scritture (Shastra). Esso costituisce la base, il nucleo di tutti gli insegnamenti religiosi e delle conoscenze più svariate. AUM si compone di tre lettere, ognuna delle quali ha caratteristiche profonde. “Aum” è la Parola primordiale, che dà vita a tutte le altre parole. Tutti i Veda, le Upanishad e i Purana hanno celebrato in molti modi il Pranava, ossia l’Aum. È impossibile a chiunque avere una piena conoscenza o anche solo fornire una descrizione completa della parola sacra “Aum”. È una parola che esprime in tutta la Sua Pienezza, il Divino. Essa è la forma di Brahman percepibile all’udito, è Ciò che pervade l’universo degli esseri animati ed inanimati, è la Divina Luce che risplende, è la Parola, è l’Eterna Delizia, è il Trascendentale, è la Madre della stessa Illusione, la Coscienza Creativa di Brahman ed il Buon Auspicio”.
(BSSSB – Dhyana – Aum, il nome di Dio)
Negli Spartiti:
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Esso era in principio presso Dio. Tutto ebbe origine per mezzo di esso e senza di esso non ebbe origine nulla di quanto esiste. In esso era la vita e la vita divenne la Luce degli uomini”.
(Vangelo di Giovanni)
Nel Cesto e nei fiori:
“…Orma di tenebre nella luce (traccia dell’oggetto nella mente, cioè sensazione), o orma di luce nelle tenebre (traccia dell’idea sulla materia quando la mente si eleva a tanto, ossia l’intelletto onnipervadente), o partecipe di luce e di tenebre (qualcosa a sé risultante dalla combinazione di informazione sensibile e interpretazione dell’intelligenza), o composto di luce e di tenebre, o miscuglio di luce e di tenebre (il concetto possiede un’esistenza propria, una realtà propria analoga alla realtà materiale degli oggetti dei sensi), o altro da luce e da tenebre e da ambedue separato (qualcosa di intimamente diverso dalla sensazione e dall’intelletto). Questo perché la verità o non è piena di luce o è una luce falsa, o perché non é né vera né falsa, ma orma di ciò che è vero o falso ecc. Nel nostro caso va considerata orma di luce, partecipe di luce, luce non vera”.
(Giordano Bruno – De Umbris Idearum)
Null’altro…