Siamo andati a trovare Angelo De Mattia, il pittore realista che in passato ha dedicato molto del suo tempo alla ricerca metafisica di nuove forme del colore. Vive in un’abitazione isolata in un ridente paesino della provincia di Viterbo: Bassano Romano. Con lui vive la compagna Barbara, il figlio e i genitori di lei e suo figlio diciottenne Alessandro. Il posto è incantevole: Si respira aria buona ed è il luogo adatto dove le ispirazioni di un pittore possono essere trasferite su tela. Si sente la magia della natura e la sacralità della creazione che Angelo interpreta, attraverso un’introspezione ed una visione che sembrano trascendere i sensi per regalarci immagini straordinarie di quadri dove i colori risuonano di una musicalità pittorica che incanta l’osservatore. Mentre troviamo Angelo intento a comporre le sue prossime opere, gli rivolgiamo qualche domanda:
Angelo, ci dicono che è da poco tempo che dipingi. Eppure dai tuoi quadri appare una maestria consumata. Come si spiega?
Non credo che sia importante da quanto tempo, ma da come si arriva al desiderio della pittura. Per anni ho sentito e sperimentato il colore interiore, ho cercato il sentimento che il colore apporta all’essere umano e di comprenderne le forme interiori e nascoste. Dopo questo sentire durato anni, è nato il desiderio di dare forma ai pensieri realizzando dei quadri. La bellezza di questa esperienza pittorica e di quelle che verranno è la nascita interiore di una nuova via, il ricordo. Quando dipingo, per assurdo, ricordo come si dipinge… ora devo solo abituare le mie mani a fargli fare quello che il mio cuore desidera venga interpretato attraverso la pittura. Dipingere per me significa ricordare chi veramente Sono.
Il colore che osserviamo, pur essendo perfettamente calzante alle nature morte che dipingi, ci sembra surreale. Che cos’è che lo rende così fascinoso?
Come ho detto precedentemente dipingo per ricordare e lo faccio prendendo in prestito corpi e oggetti. Li dipingo per ricordare appunto a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’Universo tutto. I quadri che realizzo sono semplici nature morte o figurativi, ma “uso” queste semplici forme come se fossero delle briciole di pane per segnare un percorso. La composizione, i colori, gli oggetti che utilizzo hanno per me un significato particolare e non sono messi o utilizzati a caso. Compongo cose che più mi ricordano l’equilibrio che sta alla base di ogni elemento di questo mondo.
Talvolta il contrasto luci-ombre ci ricorda il Caravaggio, pur nelle differenti forme di rappresentazione. Ti riconosci in questo motivo ispiratore?
Si, Amo il Caravaggio per i suoi sentimenti così estremi. Credo che non fosse un semplice pittore o un semplice “genio”… Se Michelangelo scolpiva ciò che si trova nel marmo da sempre, Caravaggio dipingeva ciò che è nascosto nelle tenebre e ce ne da una rappresentazione visiva. Credo che in ogni opera da Lui realizzata si possano nascondere segreti che trasudano di verità. Dovremmo osservare il Caravaggio con gli occhi del cuore, ci accorgeremmo così che il suo essere “eretico” non dipendeva dalla sua follia ma dalla libertà di fare le proprie scelte liberamente. Se lo osservate attentamente vi accorgerete che le sue opere si accostano moltissimo alla filosofia di un suo contemporaneo: Giordano Bruno. Loro, insieme ad altri “iniziati”, erano consapevoli che l’Arte avrebbe portato alla verità e così sarà.
Tu hai scritto un libricino su Caravaggio e Schedoni, come se il secondo fosse la prosecuzione pittorica del primo. Da cosa dipende questo accostamento, dalla tua sensibilità simbolica o da una lettura interiore dei personaggi che sembrano somigliarsi?
È sorprendente come alla morte del Caravaggio, Schedoni cambiò totalmente il suo modo di dipingere. Sono stato alla Galleria Nazionale di Parma ad ammirare le opere di Bartolomeo Schedoni e ne sono rimasto affascinato. Ne “ Le tre Marie al Sepolcro”, Schedoni sembra riassumere tutto il significato interiore dell’intera opera del Caravaggio, l’estrema semplicità nell’esecuzione pittorica, la composizione essenziale, unite al magnifico equilibrio cromatico tra luce e ombra, manifestano una coscienza superiore completamente consapevole di quello che stava realizzando. Caravaggio arrivò al sepolcro della verità senza poterlo aprire e comprendere, Schedoni portò a compimento la funzione che Caravaggio doveva manifestare attraverso l’Arte: osservare lo Specchio che risiede del cuore e manifestarlo. Nell’opera “Le Tra Marie al Sepolcro” si assapora l’essenza della verità, la ricerca per far si che una nuova umanità possa manifestarsi al mondo… Un messaggio di DivinArte, tanto da far sembrare Caravaggio e Schedoni un’unica e grande anima.
L’altro libro che sorprende il lettore è “Metafisica del Colore”, un’autentica opera geniale che va oltre la percezione sensoriale. Hai preso spunto dalla teoria dei colori di Goethe nella rivelazione che Rudolf Steiner ci ha fatto e hai proseguito in una rilettura della genesi del colore, come mai alcun filosofo o artista è mai riuscito. Il libro è bellissimo, anche dal punto di vista delle immagini e tipografico ma anche per l’insegnamento che tu proponi. Qual è il tuo messaggio e chi te lo ha ispirato?
La fonte di ispirazione è sempre il nostro Cuore che ci accompagna per l’eternità. Non porto messaggi, cerco solo di trovare il Silenzio in Me e manifestarlo attraverso i colori e la pittura. Dipingere per me è Silenzio, pausa… è l’istante che si frappone tra due suoni, mettendoli in equilibrio, facendo nascere cosi un’opera musicale, fatta di note e pause… di suono e colore.
Come spieghi i quadri che hai presentato. Come costruisci le tue composizioni così “terribilmente” naturali?
“L’umanità è a un punto di svolta. L’enorme mole di conoscenza materiale che abbiamo accumulato sembra essere ormai l’unica guida della nostra epoca. Eppure, proprio ora, si sta risvegliando nei cuori delle persone un’esigenza a cercare qualcosa di più. Il fatto che spesso chi avverte quest’esigenza incontri dei falsi profeti, è soltanto un effetto collaterale di questo risveglio.
Ma per capire perché siamo giunti a questo punto dobbiamo guardare a ciò che è accaduto attorno al 1600, punto di svolta in un’era di ignoranza iniziata migliaia di anni prima. A quell’epoca le arti nere legate a conoscenze esoteriche avevano invaso il mondo, minacciando di portarlo alla completa degenerazione. Per sradicare questo male, Giordano Bruno e altri maestri lanciarono sul mondo un incantesimo, chiamato “Il Grande Velo”: da allora, lo sguardo dell’uomo comune è incapace di guardare dentro se stesso, e si rivolse unicamente verso l’esterno, verso il mondo dei cinque sensi e di tutto ciò che si può misurare e quantificare. Fu proprio grazie a questo che nacque la scienza moderna.
Tuttavia, da un punto di vista universale, l’interno e l’esterno sono la stessa cosa. Ecco perché le scienze moderne, dalla fisica quantistica alla psicologia, osservando l’esterno stanno scoprendo – spesso inconsapevolmente – ciò che si nasconde dentro l’uomo.”
Dipingo elementi naturali, semplici perché guardando l’esterno si può osservare se stessi…
Come ti definisci, come artista. Appartenente a qualche genere pittorico oppure innovativo? E se sei un iniziatore di nuove visioni, dove mira lo sguardo della tua intuizione?
Un’artista che usa semplici oggetti per manifestare la propria eresia, la convinzione di avere una libera scelta. Abbiamo bisogno di cose semplici per poter comprendere. Anche l’arte deve tendere a questa semplicità.
Altrove parli della DivinArte. Che cosa è, un’arte divina? In che senso: simbolico, surreale, trascendente, metafisico o superumano oppure tutto questo insieme. Sapresti spiegare ad un profano il tuo progetto della DivinArte?
DivinArte è per me l’unione di colui che fa da tramite all’Arte affinché possa manifestarsi, i cuori di coloro che osservano o vedono questa manifestazione e l’Arte stessa. Se non ci fossero “osservatori” la manifestazione dell’Arte non avrebbe alcun senso.
Quando ti esprimi come metafisico ci parli del colore fior di pesco e quando vuoi incarnare la spiritualità ci parli dell’oro. Poi di getto ti esprimi nel rapporto luci ed ombre, come pochi sanno fare. E te ne resti muto, in silenzio, sconosciuto al grande pubblico. Credo che non puoi rimanere isolato, perché hai molto da dare! Penso che tu ne sia cosciente ed è giusto, non solo per te ma anche per gli amanti dell’arte, sempre che tu lo voglia. Sei d’accordo?
(rimane in silenzio e sorride)
Angelo, un’ultima domanda. Che cosa è per te la felicità? Vivere l’arte o vivere con la tua compagna, che so ami molto. O entrambi?
Barbara, è il canale, io sono soltanto l’operaio che mette in ordine ciò che scaturisce da questa autentica Perla. Questa è la mia Felicità.
Il colloquio ci lascia di buon umore. Aver conosciuto un grande artista ancora non manifesto agli occhi del grande pubblico ci rende un pochino complici del suo genio. La giornata è bella. Il posto meraviglioso. I colori cantano la canzone dell’universo. Ciao Angelo. A presto