La regione della volta celeste che si estende per circa 8° di latitudine Nord ed altrettanti a Sud rispetto all’eclittica fu chiamata dagli antichi osservatori del cielo Zodiaco.
Questi divisero tale fascia celeste in dodici zone , in ciascuna delle quali ricercarono come punti di riferimento alcune stelle – in genere le più brillanti – ed alla configurazione geometrica loro propria dettero, per lo più, il nome di animali. Non conosciamo la ragione di ciò; forse una semplice analogia di facile memorizzazione o magari, ipotesi più interessante, il richiamo ad un ancestrale bestiario simbolico i cui nessi semantici ormai, come avviene in genere per i simboli, restano sepolti dalla spessa coltre del tempo.
La necessità di individuare nel cielo la regione zodiacale, fu dovuta al fatto che i due grandi luminari, Sole, Luna ed i 5 Pianeti allora conosciuti, si muovono in questa fascia senza travalicarne i limiti.
Il Sole infatti, oltre al moto apparente intorno alla Terra, sembra anche scorrere lungo la volta celeste percorrendo una linea detta eclittica e poiché il moto dei Pianeti si discosta di pochi gradi da questa, la maggiore inclinazione (7°circa) spettando anticamente a Mercurio, è comprensibile che una fascia di 8° di latitudine celeste a Nord e a Sud fosse sufficiente come utile zona di riferimento per studiare la posizione dei Pianeti nel cielo. Ciò risulta più evidente se ci riportiamo al sistema eliocentrico; la vera eclittica, allora, è l’orbita di rivoluzione terrestre che individua un piano orbitale passante per il Sole. I piani orbitali poi dei Pianeti intorno al Sole e della Luna intorno alla Terra, non sono complanari all’orbita terrestre ma variamente inclinati. Il primato oggi spetta a Plutone, poco più di 17°. Lo Zodiaco è stata quindi la prima tavola sperimentale dell’umanità per effettuare osservazioni sistematiche di un fenomeno grandioso: il moto dei Pianeti intorno al Sole. Tale schema aveva anche un significato astrologico. E’ bene intendere che in quei tempi lontani non esisteva la dicotomia odierna fra astrologia ed astronomia anzi, vi era solo un’astrologia intesa come logos degli astri. Il logos, nel suo significato primitivo, era l’argomentazione di un discorso. E fu solo dopo che, da tali argomentazioni, nacquero i nòmoi cioè quelle leggi che il moto delle Stelle e dei Pianeti erranti parevano assumere come modelli di comportamento, quindi un’astronomia modernamente intesa. Infine la tendenza istintiva dell’uomo di divinare il futuro unita all’impulso, sempre presente, di ricercare un legame fra Microcosmo vitale e fenomeni che investono ben altri ordini di grandezza in modo che questi ultimi potessero dare un senso alla trascurabile presenza dei primi, fece sperare che la nascita di un uomo si legasse in qualche modo ad un evento cosmico. La posizione degli astri dava, per così dire, un’impronta all’evento vitale, in modo da segnarne il destino. Nasceva l’oroscopo che ancor oggi, checché se ne dica, gode di buona salute in quanto le motivazioni di fondo restano le stesse.
Un problema in apparenza del tutto secondario, è la ragione che ispirò la divisione dello Zodiaco in dodici parti, i celebri 12 segni astrologici. Si può pensare in prima istanza ad un motivo di semplicità geometrica; è facile infatti dividere una circonferenza in sei parti uguali, inscrivendovi un esagono regolare e quindi un dodecagono. Il 12 potrebbe anche riportare ad un antico sistema numerico con base duodecimale. Tale base è infatti particolarmente utile essendo il 12, nella serie naturale dei numeri, divisibile per 2, 3, 4, 6. Divisioni e calcolo delle frazioni, allora, potevano risultare più semplici rispetto al sistema decimale divisibile solo per 2 e per 5. Vi è infine una tradizione che dà al 12 un valore del tutto particolare in quanto è il primo numero naturale che moltiplicato per 3/4, 2/3, 1/2, dà valori interi: 9, 8, 6. Che importanza ha questo fatto? Immaginiamo di avere due corde, di uno strumento musicale, dello stesso materiale e spessore e sottoposte alla medesima tensione, le cui lunghezze stanno fra loro come 2 sta a 1, ad esempio la prima lunga un metro e la seconda mezzo metro. Queste, messe in vibrazione contemporaneamente (accordo) o in successione (melodia), daranno suoni di consonanza gradevole per unanime consenso e molto somiglianti tra di loro, più di qualsiasi altra consonanza. E’ l’intervallo di ottava, quello cioè tra due Do successivi. Se prendiamo altre due corde, l’una di lunghezza pari alla media aritmetica delle prime due (0.75m) e l’altra uguale alla loro media armonica (2/3 di metro) otterremo, anche in questo caso, delle consonanze gradevoli, avendo realizzato una nota di Fa e una di Sol (le cosiddette “quarta” e “quinta”). L’accordo di Sol appare essere particolarmente piacevole. Complessivamente abbiamo quattro note musicali, è l’antico Tetracordo od Elicona. Scelta quindi arbitrariamente la prima nota (la “tonica”) che, nell’esempio fatto, corrisponde alla corda di lunghezza unitaria (1), allora anche le lunghezze delle altre corde saranno automaticamente definite (3/4 per il Fa, 2/3 per il Sol, ½ per il Do successivo). L’altezza delle quattro note sale partendo dalla tonica (la più grave) diventando il suono via via più acuto, perché aumenta la frequenza di vibrazione; una nota infatti è detta più alta allorché aumenta la sua frequenza. E’ da notare che nelle scale musicali, ad esempio la scala diatonica maggiore di Zarlino (detta anche di Aristosseno) che è stata così importante per la musica europea, la nota dell’unisono (Do di partenza) viene data pari a 1, il Fa pari a 4/3, il Sol a 3/2 e il Do dell’ottava superiore uguale a 2. In tal caso i numeri esprimono non la lunghezza delle cordema il rapporto “delle loro rispettive frequenze” rispetto alla frequenza dell’unisono.
Tale rapporto è detto “intervallo”. Essendo la frequenza pari al reciproco della lunghezza della corda avremo, ad esempio per il Sol, 2/3 di lunghezza e 3/2 di frequenza, per l’unisono o tonica 1 di lunghezza e 1 di frequenza, da cui 3/2 : 1 = 3/2. Così per le altre note. A queste note primitive ne furono aggiunte altre realizzando una scala a 7 note o scala pitagorica, come ci tramanda Filolao. Poiché gli astri erranti nello Zodiaco erano sette per gli Antichi, questi pensarono che vi fosse una qualche musica delle sfere.
Ma i tempi di rivoluzione dei Pianeti od anche la loro distanza dal Sole che oggi, grazie a Keplero conosciamo perfettamente, non permettono di ritrovare un algoritmo matematico/musicale che giustifichi tale modo di vedere. Forse una qualche verità, come avviene in genere per le tradizioni, c’è. Il grande astronomo Giovanni Keplero nel cammino percorso per arrivare alle tre mirabili leggi che regolano il moto dei Pianeti intorno al Sole, si trovò nella necessità di calcolare con precisione i tempi di rivoluzione e di congiunzione degli stessi. Riprendo dall’ Armellini il suo modus operandi. Keplero chiamò “rivoluzione siderea” di un Pianeta il tempo (t) che il Pianeta, visto dal Sole, impiega a compiere una rivoluzione sulla sfera celeste e quindi il tempo, affinché la sua longitudine celeste quale apparirebbe ad un osservatore “collocato” nel Sole, aumenti di 360°. Due anni terrestri, sono media armonica fra il tempo di rivoluzione siderale e sinodico di un Pianeta che ruota intorno al Sole e un anno terrestre è metà di tale media armonica.
Il tutto si può riportare in un quadrato dove a e b rappresentano i valori delle aree dei due rettangoli in cui questo viene diviso – come abbiamo visto sopra – e l’anno terrestre pari all’area del complemento dello gnomone. Secondo la regola dettata dallo gnomone. Si potrebbe obiettare che per i Pianeti inferiori la formula (2) dà, per analoga trasformazione, ab/(a-b)=1, quindi il divisore viene dato come differenza e non come somma delle due grandezze, ma basta prendere come unità di riferimento del tempo l’anno di Mercurio, il veloce messaggero degli dei, ed allora tutti i Pianeti saranno superiori e la formula della media armonica resterà valida. Possiamo quindi considerare lo Zodiaco come la grande sala del concerto celeste; vi è un bravo direttore d’orchestra, il Sole, ed un primo violino sulla cui nota gli altri Pianeti musici accordano, in una prova generale di congiunzione, le corde del tempo dei loro strumenti. Allora congiunzioni, opposizioni, trigoni, quadrature… altro non sono che momenti di una sinfonia celeste: la musica delle sfere.
03 Mag