W. J. Goethe nella sua “Teoria dei Colori” auspica che i pittori facciano tesoro dell’azione morale dei colori, da lui rivelata, per rendere le loro opere più vive e palpitanti.
Anche Rudolf Steiner intravide nella lezione di Goethe una miniera di conoscenze utilissime per realizzare un rinnovamento della pittura. Egli stesso approfondì ulteriormente la teoria di Goethe e la ampliò con altre cognizioni acquisite grazie alle sue ricerche.
A Steiner si deve, in particolare, l’importantissima scoperta di quelle intime sensazioni che si potrebbero definire “movimenti dell’anima” e che, nella contemplazione dei colori, vengono sperimentati nelle profondità del subcosciente. Esse, come già precisato, sono paragonabili a forze dinamiche di espansione e contrazione e, se riprodotte nella stesura dei colori durante l’esecuzione del dipinto, gli conferiscono vita e luminosità.
Poi ancora Steiner inserì, a completamento del cerchio dei colori di Goethe, il fior di pesco, il bianco e il nero che sono da considerarsi veri e propri colori. Infine egli li distinse tutti – a seconda della loro qualità e di ciò che essi esprimono – in “colori splendore e colori immagine”.
Queste nuove conoscenze offrivano inimmaginabili possibilità di sviluppo ulteriore dell’arte figurativa e Steiner si fece promotore di approfondite ricerche da parte dei pittori verso i quali è stato prodigo di concreti suggerimenti e di sempre nuovi impulsi.
Egli stesso tuttavia concepì solo gradualmente, col progredire della sua personale indagine, i passi da compiere e quindi i procedimenti più consoni per ottenere dall’impiego dei colori quella ricchezza di contenuti e di sensazioni che essi possono offrire. Ciò avvenne soprattutto durante l’esecuzione degli imponenti affreschi, realizzati dietro suo progetto, nelle due cupole del primo edificio “il Goetheanum” (1914-1918). (Purtroppo queste opere furono distrutte da un incendio, ma nuovamente eseguite di recente, rinnovate, nella grande sala del nuovo “Goetheanum”).
Lavorarono a questi affreschi, sotto la sua guida, numerosi pittori, ma alcune parti furono eseguite dallo Steiner stesso.
Inizialmente erano state distese ampie superfici di colore sviluppate nel senso del cerchio di Goethe; esse apparivano come fluttuanti correnti di colore, sperimentate quali primordiali forze creatrici di immagini. Queste sarebbero poi dovute nascere dall’interiorità del colore, non concepite intellettualmente.
In proposito Steiner disse una volta: “Nel dipingere la piccola cupola del Goetheanum non si è partiti da figurazioni pensate cui sarebbero poi stati appiccicati i colori, ma si visse dapprima una esperienza di colori e da questi nacquero le figurazioni. Nella dedizione all’essenza dei colori si rafforza la creatività animica suscitatrice di immagini fornite dai colori vissuti. Nei momenti della creatività si sente come se nel mondo non esistesse null’altro all’infuori dei colori che vivono e tessono e che sono pure creativi e generatori di essenzialità” (GA 36-IV “Il Goetheanum nei suoi dieci anni di vita”).
In altra occasione precisò ulteriormente: “Nel dipingere questa cupola non mi premeva di disegnare questo o quel motivo, quanto porre – ad esempio – una macchia arancione con diverse sfumature: da queste è nata la figura del bimbo. Altrove invece mi premeva che il blu si delimitasse e mi risultò la figura di Faust. … Il carattere essenziale della figura è assolutamente tratto dal colore” (GA 290 “L’idea informatrice della costruzione del Goetheanum”).
Nacque allora un nuovo e diverso modo di fare pittura che comportava un totale capovolgimento degli usuali procedimenti. Esso però richiedeva, da parte degli artisti, l’acquisizione di una più raffinata sensibilità di percezione delle qualità, natura e dinamismi dei colori.
Per meglio illustrare il particolare modo di procedere da lui escogitato e soprattutto i principi su cui esso si fonda, in alcune occasioni Steiner eseguì, egli stesso ed a titolo di esempio, semplici lavori a pastello che raffiguravano aspetti della natura. Con questi intendeva mostrare un diverso approccio con i colori in quanto essi per la loro scelta, come pure il loro disporsi nello spazio, non avevano la funzione di riprodurre la realtà visibile, ma di esprimere un rapporto intimo con le esperienze animiche suscitate nell’osservatore dall’evento raffigurato. In questo modo l’immagine risultante poteva essere vissuta interiormente.
Sulla maniera di trattare i colori, condurre i loro movimenti, creare le forme e quindi le figure, R. Steiner così si espresse: “La natura ci incita ovunque a trasformare, metamorfosare le sue forme in altre. Chi semplicemente osserva la natura e la copia cade nel naturalismo. Colui che vive la natura e non si limita a osservare solo le linee, i colori delle piante, ma le vive interiormente, estrarrà da ogni pianta, da ogni animale, da ogni roccia, un’altra forma da imprimere nella materia. Noi uomini moderni dobbiamo creare opere d’arte in cui la forma esprima di più di quella naturalistica. … Dobbiamo giungere a vedere ciò che di artistico c’è nella natura, ciò che nella natura fa vivere la forma, così da ottenere una vita della forma superiore a quella esistente nella stessa natura” (GA 257 “Formazione di comunità” 22.2.1923).
DAL COLORE NASCE L’IDEA
Interessante, per meglio comprendere il procedimento seguito da Steiner, è la descrizione fatta dalla pittrice Luise von Blommenstein – nel suo scritto “Wie Rudolf Steiner vor uns vormalte” (Come Rudolf Steiner dipinse davanti a noi) di un esempio da lui eseguito di fronte ai pittori. Ella descrive che Steiner distese su un foglio bianco un blu delicato, curvo verso l’alto e gli accostò una macchia gialla. Questa richiese l’intervento del suo complementare e perciò Steiner accostò al giallo una macchietta lilla. Fece rilevare che in questo modo si realizzava un accordo (una “totalità” come dice Goethe). Ora si rendeva necessario aggiungere un quarto colore che non appartenesse a questo accordo. Quindi lo circondò con un verde chiaro e successivamente aggiunse ancora un violetto in basso, unendolo con il blu. Rimase una piccola zona bianca che egli sentì la necessità di riempire con uno dei colori dell’accordo: un blu chiaro. Risultò una sinfonia di colori che completò inserendo del rossiccio entro il giallo.
Poi Steiner iniziò a ricavare delle figure dai gesti e dalle forme che si erano consolidate finché apparve un volto femminile nel quale disegnò gli occhi. La forma del lilla suggerì un’altra testina, quella di un bimbo. Stava sorgendo l’IDEA, un MOTIVO: madre e figlio. A quel punto si rese necessario elaborare l’idea e completarla incorporandola nell’insieme cromatico. Si dovette cercare un legame fra le due figure: le si collegarono con un gesto di colore caldo (arancio) che assumeva l’aspetto di un braccio e di una mano. Steiner rielaborò e armonizzò ancora l’insieme e infine, con ampi gesti, inserì un giallo luminoso sullo sfondo, discendente dall’alto e sovrapposto al verde, creando così una atmosfera dorata.
Il lavoro si svolse in quattro fasi: 1) l’esperienza della risonanza di tre colori (accordo, totalità); 2) l’arricchimento della composizione con l’aggiunta di altri colori; 3) il sorgere e l’incorporazione dell’IDEA; 4) l’armonizzazione finale dell’insieme.
Descrivono bene l’essenza di questo nuovo modo di dipingere le seguenti parole di Steiner: “… se ci si immergerà nel mondo fluttuante dei colori vivendolo correttamente … si troverà che da esso scaturiranno figure che porteranno ad espressione i segreti dell’universo, l’anima dell’universo. Dalla creatività del colore sorgerà un mondo che si configurerà, si differenzierà interiormente, un mondo che ha una sua essenzialità. La forma nascerà dal colore. Si percepirà che non soltanto si vivrà nel colore, ma che il colore genererà la forma da se stesso, che cioè la forma è opera del colore” (GA 287 “L’edificio di Dornach quale segno del divenire storico e di impulsi artistici di trasformazione” 25.10.1914).
Steiner sintetizzò la quintessenza del procedimento pittorico da lui proposto con il motto:
“AUS DER FARBE HERAUS MALEN”
“DIPINGERE ESTRAENDO DAL COLORE”
L’ACQUERELLO
Molti degli esempi tracciati da Steiner, per ragioni di praticità e rapidità, furono eseguiti con pastelli. Egli tuttavia ha sempre sostenuto che il mezzo ideale per questo genere di pittura è l’acquerello. Esso, per la sua luminosità e leggerezza, nonostante le numerose sovrapposizioni e velature realizzate con questa diversa tecnica, consente di “liberare il colore dalla pesantezza”.
Eseguì egli stesso acquerelli di grande formato, dai colori intensi, tuttavia trasparenti e luminosi.
Appare evidente che il metodo proposto da Steiner è del tutto originale e certamente ancora suscettibile di inimmaginabili sviluppi. Sebbene affiorino sovente affinità con l’impressionismo, espressionismo e astrattismo, non si deve affatto pensare che, in qualche modo, la concezione steineriana derivi da quelle correnti, ma che piuttosto alcuni aspetti essenziali di esse si muovono in parallelo col pensiero steineriano. Il metodo pittorico steineriano, antroposofico o goethiano, come lo si voglia denominare, costituisce comunque una importante pietra miliare nell’ambito della pittura contemporanea.
Si potrebbe anche affermare che le novità apportate da questo metodo e le possibilità di ulteriori, futuri sviluppi insite in esso facciano di questa originale concezione dell’arte figurativa, una vera pittura d’avanguardia.
Seguendo le indicazioni di Rudolf Steiner sono sorte diverse “scuole” per la realizzazione delle sue proposte per un rinnovamento dell’arte figurativa. Fra di esse ha acquisito vasta notorietà la scuola di Beppe Assenza, ideatore di un metodo pratico, ben articolato e approfondito.